La genesi di uno scatto
La Kodak Instamatic 100 e i suoi paratesti
Instamatic 100
NOME FONDO | Collezione privata Pasian |
PROPRIETARIO | Pasian J. |
IDENTIFICATIVO | 00000001 |
LOCALIZZAZIONE | Italia |
TIPOLOGIA DEL SITO | Abitazione privata |
SPECIFICHE | Camera |
COORDINATE | 45.7937807,13.4999663 |
DATA DI REPERIMENTO | 10/04/2020 |
AUTORE DELLO SCAVO | Pasian J. |
DEFINIZIONE | Macchina fotografica |
TIPOLOGIA | point-and-shoot compact camera 126mm |
CATEGORIA | ottica |
ANNO | 1963-1966 |
MARCA | Kodak |
MODELLO | Instamatic 100 |
N. SERIE | - |
MISURE E PESO | 10,8 cm (L), 5,4 cm (P), 6,2 cm (H) / 279 gr, con cartuccia e batteria 339 gr |
La genesi di uno scatto. La Instamatic 100 e i suoi paratesti.
di Jennifer Pasian
Questi primi mesi del 2020 stanno lasciando un segno indelebile, nella storia economico- sociale, di portata globale. Siamo stati colpiti dalla pandemia “Covid-19” che ci ha costretti nelle nostre case con la possibilità di uscire solo in caso di necessità motivata. Il tempo fermo che ha caratterizzato la fase 1 e la fase 2 di questa pandemia, la reclusione, la limitazione del contatto con amici e parenti, ha inevitabilmente condotto a lavorare su noi stessi, ad apprezzare i legami con gli affetti e dare importanza alla routine della quotidianità.
Ecco che la richiesta di un progetto quale “Cronache del dopobomba” mi ha dato la possibilità di ripensare a queste sensazioni e rielaborarle con una ricerca che è stata un vero e proprio tuffo nel passato. Protagonista dello scavo che ho effettuato è un oggetto che usava mia nonna negli anni ’60, la Kodak Instamatic 100, ricevuta come regalo e che so essere stata usata molto anche se purtroppo non ci sono foto che lo testimoniano. Era una macchina molto semplice: utilizza pellicole 126 sviluppate dalla Eastman Kodak, è adatta a chiunque, agile al trasporto.
Un simile apparecchio fa parte oggi, di quegli oggetti che vengono lasciati in un angolo al buio, in cantina, in soffitta, impolverati, dimenticati nonostante molti di essi abbiano segnato la storia di un’epoca; in una duplice accezione: da un lato sono oggetti che ci permettono di ragionare su quella che è stata l’evoluzione tecnologica e della qualità del risultato, dall’altro, forti di una valenza affettiva, sono densi di ricordi, di momenti tristi, felici e la maggior parte delle volte non ci rendiamo nemmeno conto del valore che in realtà hanno questi dispositivi.
L’avvento della tecnologia digitale ha fatto superare le vecchie e tipiche macchine fotografiche dello scorso secolo e con esse tutto quel mondo complesso di tecniche e "trucchi" artigianali adottati per lo sviluppo delle foto. Ora al posto loro usiamo i cellulari, degli apparecchi elettronici dotati di obiettivi incorporati attraverso la quale abbiamo immediata possibilità di scattare una foto, e vedere gli esiti di un click senza aver bisogno di rullini, camere oscure e nemmeno di stampa.
In passato, a esempio, al buio la foto non veniva se non eri provvisto di flash, non potevi fare zoom e non potevi riguardarti le foto fino a quando non andavi dal fotografo a sviluppare il rullino. Ora penso a quanto era diverso il valore di ogni singola fotografia quando ad oggi basta un “click” per immortalare un momento che viene banalizzato in un oggetto inutile, piatti più o meno complicati e non più per fotografare dei momenti importanti sentimentalmente ed emotivamente.
Ai margini di vecchi cassetti, con un po' di fortuna, ognuno di noi può ancora scovare qualcuno di questi apparecchi ‘del passato’ che ha immortalato in immagine il susseguirsi di eventi familiari, imprimendo i ricordi da tramandare di generazione in generazione. Questa è un po' la storia di quella che è divenuta la ‘mia’ Kodak Instamatic 100: era dimenticata in un cassetto del soggiorno di mia nonna. Oltre a essere un oggetto di famiglia, l’affetto va a vaghi ricordi di come da piccola, di nascoso, amavo tenerla in mano e giocare a fotografare meraviglie del mondo.
Oggi, scatto tantissime foto che vanno ad alimentare un archivio da cui posso liberamente cancellare o modificare gli scatti. L’uso primario di questa macchina Kodak invece, era assegnare a ogni singola foto un ricordo; dei momenti immortalati che raccontano e racconteranno ancora delle storie. Il lavoro di ricerca e scavo, mi ritorna l’attenzione che mia nonna aveva a ogni singolo atto fotografico. Come recitava lo slogan pubblicitario della Kodak “SHOOT … and take sharp, clear pictures time after time”.
Oggetti comuni, immortalati nel loro stare al mondo dopo la scomparsa del loro proprietario. È una riflessione sulla precarietà della nostra esistenza, paragonata alla resistenza delle cose di cui ci circondiamo in vita. Gli oggetti raccontano così la loro solitudine, la storia del loro abbandono[1].
Le parole di Alessandra Cecchini sintetizzano quella che è stata anche la storia dell’oggetto di questa ricerca, una Kodak Instamatic 100, di proprietà familiare, risalente agli anni Sessanta. Questo modello è una macchina progettata per la linea delle Instamatic, lanciata da Kodak all’inizio degli anni Sessanta come alternativa alle classiche 35mm. La camera ha un design molto compatto con larghezza 108 mm (4,25 "), altezza 62 mm (2,45") e profondità 54 mm (2,1") inclusa la sporgenza dell'obiettivo. La camera ha un suo peso di soli 279 g (9,8 once riporta il manuale) che varia all’inserimento della cartuccia pellicola e delle batterie raggiungendo 339 g (11,9 once). Nella parte frontale della camera è riportato il nome e il modello “Instamatic camera 100” e la marca Kodak, che in rosso si evidenziano dalla struttura prevalentemente nera e grigia, mentre nel retro è inciso lo slogan “Wind film to stop”. Utilizza pellicole 126, un formato di cartuccia facile da caricare, sviluppato nel 1963, non più fabbricato.
Il meccanismo prevede un funzionamento point & shoot: il pulsante sulla parte anteriore, se cliccato, rilascia un supporto flash pop-up, quindi integrato. All’attivazione del flash, cambia l'otturatore a 1/40 di secondo, indipendentemente dal fatto che sia presente una lampadina nel supporto. L’apertura del diaframma è fissa sul valore F/11, non regolabile quindi al momento dello scatto, nonché una distanza di messa a fuoco di circa 7-10 cm (1,0-3,0 m). La macchina prevede due opzioni di filtro, soleggiato e nuvoloso, a cui si associano due differenti tempi di scatto. Non presenta una custodia originale; molto probabilmente è stata perduta.
[1] Blog di Alessandra Cecchini https://artelaguna.world/photograph/oggetti-orfani.1/
Il signor Eastman diventa il signor Kodak
Gli anni Sessanta del secolo scorso sono icona di cambiamento, trasgressione, voglia di libertà, uguaglianza e giustizia sociale, sono gli anni del miracolo economico italiano, di Carosello, della 500, dei grandi cambiamenti sociali e culturali, gli anni del giradischi e del juke box, delle grandi manifestazioni canore e della meravigliosa Canzone Italiana conosciuta in tutto il mondo, ma sono anche gli anni di grandi rivoluzioni sociali, con lo sviluppo del femminismo, delle lotte antirazziali, del pacifismo. Protagonisti di questa voglia di cambiamento sono i giovani, con la loro voglia di rottura dei vecchi schemi: il 1° febbraio 1960 quattro studenti afroamericani attirarono l’attenzione sul problema razziale.
Questi anni sono segnati da molti progressi in campo tecnologico, scientifico e artistico: il 16 maggio 1960 Theodore Maiman azionò il primo laser funzionante, nel suo laboratorio di Santa Monica, in California; nel 1962 tre studenti del Massachusetts Institute of Technology, Steve Russell, Martin “Shag” Graetz e Alan Kotok crearono “Spacewar!”, che è considerato il primo videogioco interattivo. In America sono gli anni della presidenza di John Fitzgerald Kennedy, di Martin Luther King e dell'affermazione dei Diritti civili. Entrambi purtroppo saranno brutalmente assassinati.
Fil rouge di questi eventi, il dispositivo fotografico: non più uno strumento solo usato per fini di ricerca medica o oggetto di una élite ma una macchina per riflettere sugli avvenimenti, per immortalare un istante, per costruire una memoria; collettiva ma soprattutto privata. Ecco che la macchina fotografica diviene uno strumento di e per la massa.
Su questo punto investì l’azienda che, in quegli anni, divenne un colosso del settore consacrandosi nella storia della produzione di materiale fotografico: la Eastman Kodak Company. Comunemente nota come Kodak, è una società di tecnologia americana focalizzata su soluzioni di imaging e servizi per le aziende, fondata dall’imprenditore statunitense George Eastman nel 1888. Considerato uno dei pionieri della fotografia, Oscar onorario nel 1930, Eastman lavorò sia alla produzione di pellicole, dalle prime lastre secche alla gelatina-bromuro sino all’avvio della produzione di quelle trasparenti di nitrocellulosa da 35 mm, sia alla produzione di apparecchi fotografici e cinematografici con un impatto internazionale, forte della qualità e dei prezzi contenuti. L’azienda rispecchia tutt’oggi la doppia anima del suo fondatore, lavorando sia alla ricerca di nuove apparecchiature, dalla produzione di immagini alla loro stampa, sia sulla produzione di supporti pellicolari. L’azienda nasce dalle radici della Eastman Dry Plate Company, in Rochester, solo successivamente in New York[1].
Con il rullino, Eastman uccide il business delle lastre di vetro su cui lui stesso aveva iniziato a lavorare, secondo il principio per cui una innovazione tecnologica è esigenza per migliorare e sostituire i prodotti in uso.
La Kodak crebbe rapidamente, ritagliandosi un posto fra i colossi del settore (coi quali entra in aperta competizione) e diventando famosa soprattutto per i suoi rullini, più piccoli e pratici da inserire rispetto a quelli tradizionali.
Ciò che ha permesso all’azienda di divenire un business internazionale, oltre alla qualità dei prodotti come si è detto, è l’attenzione dei dirigenti, più volte dichiarata, alla promozione dell’impresa: l’impatto comunicativo, elemento di rilievo del marketing della Kodak, è sempre stato parte integrante della produzione. La sua pubblicità è una delle prime in Piccadilly Circus: il nome si diffonde, e così gli scatti.
Voi premete il pulsante, noi facciamo il resto: l’esigenza dell’istantaneo
"Voi premete il pulsante, noi facciamo il resto" era lo slogan col quale George Eastman promosse la prima fotocamera a uso amatoriale, un’istantanea, divenuto poi lo slogan della politica imprenditoriale dell’azienda. Questa semplice asserzione racchiude in sé non solo una promozione ma l’esigenza che Eastman ebbe di creare un dialogo con il proprio cliente, basato sulla fiducia nel prodotto; basta un clic, in maniera pronta, semplice, per avviare il meccanismo di riproduzione dell’immagine. L’idea di semplicità nello scatto fu presto accompagnata a quella di pronta realizzazione affinché si potesse ottenere nell’immediato il prodotto finale, ovvero la stampa dello scatto in pellicola. Fu così che la Eastman Kodak Company tracciò la strada per rendere la fotografia un prodotto istantaneo, alla portata di tutti, privo dell’ingombro della strumentazione tecnica specialistica, di camere oscure e solventi. Uno strumento per raccogliere i ricordi, per scrivere e fissare il passato, di ogni vita e del mondo, racchiuso in “libroni” di fotografie e ricordi.
È il 1963 l’anno in cui viene diffusa la pellicola 126 Instamatic. Una pellicola 35 millimetri chiusa in una cartuccia asimmetrica che bastava inserire nel retro della macchina fotografica evitando così il difficile compito di caricare il classico rullino. Sessanta milioni di queste fotocamere sono state vendute da Kodak in poco meno di un ventennio, tra gli anni Sessanta e Settanta. I modelli più semplici della serie sono stati probabilmente quelli che hanno aumentato maggiormente le statistiche di vendita di Kodak. Negli anni Settanta la Kodak incomincia la produzione di pellicole auto-sviluppanti denominate Kodak Instant. Queste, a differenza delle Polaroid, erano rettangolari e l'immagine sulla superficie misurava 9 x 6,8 cm. Dopo aver perso una battaglia di brevetti con la Polaroid Corporation[2], Kodak lasciò il business Instant Camera il 9 gennaio 1986.
Per approfondire le varie fasi andate ad assicurare la crescita industriale della Kodak, si rinvia al sito web.archive.org/web/20150823030506/http://www.kodak.com/ek/US/en/Our_Company/History_of_Kodak/Milestones_-_chronology/1878-1929.htm
[2] Kodak aveva introdotto Instamatic nel 1963. La Polaroid denunciò la Kodak al tribunale del Massachusets nel 1976 per violazione di 12 suoi brevetti. Dopo 9 anni di battaglie legali il tribunale condannò la Kodak per la violazione di 7 brevetti, imponendole di cessare la produzione.
Viaggiare attraverso i paratesti
L’opera letteraria è, interamente o essenzialmente, costituita da un testo, vale a dire (definizione minima) da una serie più o meno lunga di enunciati verbali più o meno provvisti di significato. Questo testo, però, si presenta raramente nella sua nudità, senza il rinforzo e l’accompagnamento di un certo numero di produzioni, esse stesse verbali o non verbali […] delle quali non sempre è chiaro se debbano essere considerate o meno come appartenenti ad esso, ma che comunque lo contornano e lo prolungano, per presentarlo […] per renderlo presente, per assicurare la sua presenza nel mondo, la sua “ricezione” e il suo consumo, in forma, oggi almeno, di libro. Questo accompagnamento, d’ampiezza e modalità variabili, costituisce ciò che ho battezzato (Genette, 1989, p.17).
Nelle poche righe riportate, tratte da Soglie. I dintorni del testo, uno dei testi del critico letterario francese Gérard Genette, si fornisce un primo chiarimento di “paratesto”: gli elementi visuali e verbali che accompagnano il testo e lo presentano al lettore mettono in primo piano il ruolo che questi elementi hanno nella mediazione tra l’autore, l’editore e il lettore. Il paratesto costituisce uno spazio preliminare al testo che media l’accesso a questo e offrendo a chi riceve delle importanti informazioni.
Anche per i dispositivi mediali esiste un corollario di paratesti.
Uno scavo tra archivi online ha permesso di raccogliere una serie di slogan esemplificativi delle strategie di marketing studiate per attirare l’occhio del cliente meno esperto con la fotografia ma con la voglia di fotografare in modo meno corretto ricordi e viaggi.
Nell’intento di attrarre quanti più utenti possibile, la comunicazione pubblicitaria si rivolge anche al mondo femminile che in quel periodo stava cambiando, le donne stavano diventando più autosufficienti e iniziavano a godere di maggiore libertà, impegnandosi più spesso in lavori fuori casa. Dalle vacanze al mare alle gite invernali sulla neve, sino a partite di tennis, la donna moderna era amante del divertimento e indipendente. Libera di uscire ed esplorare il mondo con la sua Instamatic: viene raffigurata così nel 1893, la “Kodak Girl”[1], figura dal carattere elegante, giovanile e indipendente che, fotocamera in mano, divenne uno dei primi volti a rappresentare l'azienda nel mondo.
A seguire, diversi furono i poster realizzati -alcuni sono proposti nella sezione 'materiali scaricabili'-: vediamo raffigurati nell’atto di fotografare diverse persone di nazionalità, età e genere differente, proprio per ritornare al pubblico l’idea che ognuno può essere capace di scattare una foto con la Instamatic, e creare un’impasse senza escludere alcuna categoria di acquirente.
Nella parte sottostante del cartellone una descrizione e il disegno del padiglione al New York World’s Fair: “fatured at the kodak pavilion-New York world’s fair- and at your kodak dealer’s”.
Lo schema è sempre il medesimo: tre fotografie dell’utente segnano i tre step di realizzazione dello scatto. Nella prima c’è la scritta “open” e si vede come il rullino venga tolto dalla scatola. Nella seconda la scritta “Drop in” con l’inserimento del rullino all’interno della macchina Instamatic e la terza con la scritta “Shoot” in cui si scatta una foto. Segue: …and take sharp, clear pictures time after time!
KODAK INSTAMATIC Cameras take color slides, color snaps, and black and white snaps with astonishing ease. No threading. No fumbling. No rewinding. Many models most have built-in flash holders, some have automatic electric eye and automatic film advance. Complete Kodak instamatic 100 Outfit less than $18. See your Kodak dealer for other model and prices.
Proprio da questa breve descrizione capiamo la forza dei paratesti Kodak: in poche parole vengono spiegate le funzioni principali e la facilità con cui creare delle foto, a un prezzo modico.
Lo stesso identico slogan lo troviamo per una donna e un uomo bianco di ceto medio, una donna apparentemente afroamericana, un bambino, una donna elegante ricca che riesce a fotografare anche indossando dei guanti bianchi: insomma chiunque al mondo poteva fotografare con questa camera. L’impatto internazionale del prodotto è comprovato dal paratesto pubblicitario in lingua italiana. Lo schema è il medesimo americano: “è un istante: caricate…scattate…e riuscite!”
Si, un apparecchio Kodak Instamatic ha il successo incorporato. Ve lo garantisce il caricatore Kodakpak: basta posarlo nell’interno, il resto lo fa l’apparecchio, maneggevole, semplice sicuro. E la pellicola? È Kodak anche questa, vi dà la certezza di scattare una dopo l’altra le più belle foto, a colori o in bianco e nero.
Nella pubblicità in lingua olandese, questa volta è raffigurato un bambino dalla faccia buffa. Si avvia quello che Genette identificava come un processo «sul presente, per assicurare la sua presenza nel mondo» (Genette, 1989, p.17): sulla dimostrazione del prodotto più che sul funzionamento quindi, sulla possibilità di immortalare ricordi, o meglio l’attimo; sul naso del bambino è appoggiato un bruco.
Altro elemento trovato riguardante lo studio dei paratesti legati all’Instamatic, sono stati rinvenuti il manuale d’istruzioni e quello di servizio. Quello che notiamo nel primo manuale è la semplicità in cui vengono spiegate le cose, passo per passo e con delle immagini che dimostrano quello che bisogna fare. Nel secondo manuale invece, si nota l’assenza di mani: difatti era a servizio del riparatore, quindi qualcuno che già conosce il dispositivo nelle sue funzionalità base.
BIBLIOGRAFIA
COLLINS, D. (1990), The Story of Kodak, Harry N Abrams Inc, New York
COTTER, B.; YOUNG, B. (2004), The 1964-1965 New York World's Fair, Arcadia Publishing, Cherleston, South Carolina
DEARSTYNE, B. (2015), The Spirit of New York: Defining Events in the Empire State's History, State University of New York Press, New York
DE SANCTIS, P., (2008); Ricezioni espanse, Il film e le sue cornici, tesi dottorato, Roma
GENETTE, G., (1989); Soglie, I dintorni del testo, Einaudi Paperbacks, Torino
SITOGRAFIA
https://artelaguna.world/photograph/oggetti-orfani.1/
http://nywf64.com/easkod01.shtml
https://www.lomography.it/magazine/246010-lomopedia-kodak-instamatic-100
https://camerapedia.fandom.com/wiki/Kodak_Instamatic_100
https://photojottings.com/kodak-instamatic-100-review/
http://camera-wiki.org/wiki/Kodak_Instamatic_100
https://en.wikipedia.org/wiki/1964_New_York_World%27s_Fair
https://www.kodakgirl.com/kodakgirlsframe.htm
[1] La Kodak Girl era una donna alla moda, giovane, vivace e indipendente che spesso appariva nelle pubblicità con un caratteristico abito a strisce bianche e blu.