Alla ricerca di stabilità
Protesi e obsolescenze mediali
Sony Handycam CCD-TRV95E PAL
NOME FONDO | Collezione privata Fiammetta Rodella |
PROPRIETARIO | Simonetta Cosimi |
IDENTIFICATIVO | 00000001 |
LOCALIZZAZIONE | Italia |
TIPOLOGIA DEL SITO | Abitazione privata |
SPECIFICHE | Appartamento, VI piano |
COORDINATE | 45.655803, 13.790643 |
DATA DI REPERIMENTO | 14/04/2020 |
AUTORE DELLO SCAVO | Rodella F. |
DEFINIZIONE | Videocamera |
TIPOLOGIA: Handycam, Hi8, Hi-Fi Stereo | |
CATEGORIA | ottica |
ANNO | 1998 |
MARCA | Sony |
MODELLO | CCD-TRV95E PAL |
N. SERIE | 2001535 |
MISURE E PESO | 12 cm (L), 23 cm (P), 13,5 cm (H) / 1138 gr |
Alla ricerca di stabilità. Protesi e obsolescenze mediali
di Fiammetta Rodella
La particolarità che appartiene ai cosiddetti “vecchi media” è la possibilità di essere portatori di pratiche e nozioni socio-culturali che apparentemente possono sembrare incompatibili con il presente e con le usanze della società attuale, ma che tuttavia racchiudono la testimonianza della trasformazione della comunicazione mediale e della società stessa. Non rappresentano solamente un ponte di collegamento con il passato, ma forniscono gli elementi per indagare il presente, di cui sono i predecessori.
Attraverso la ricerca all’interno di quello che si potrebbe definire un archivio domestico, sono emersi due dispositivi molto diversi fra di loro, testimoni di due periodi storici differenti: una fotocamera analogica a soffietto, la Signal Nettar, prodotta durante i primi anni Cinquanta dalla società Zeiss Ikon, e una videocamera Sony Handycam collocabile tra la fine degli anni Novanta e la prima metà del primo decennio degli anni Duemila.
I vecchi media non solo sono le radici dell’albero genealogico della contemporaneità; se riscoperti possono incarnare i mezzi attraverso i quali è possibile far rivivere una temporalità ormai dimenticata, che tuttavia affascina. Per la creazione di questo archivio collettivo legato all’emergenza sanitaria che attualmente il mondo sta vivendo, la mia scelta si è orientata, quasi in modo automatico, verso la videocamera video Hi8 che apparteneva a mia madre. Questo perché il dispositivo in questione è stato una presenza ubiqua durante la mia infanzia. I ricordi legati a mia madre la vedono intenta a carpire e rendere immortale ogni istante appartenente alla vita di famiglia: i viaggi, le recite scolastiche, i giochi con gli amici, le feste di compleanno.
Come sosteneva McLuhan «nelle ere della meccanica, avevamo operato un'estensione del nostro corpo in senso spaziale. Oggi, dopo oltre un secolo di impiego tecnologico dell'elettricità, abbiamo esteso il nostro stesso sistema nervoso centrale in un abbraccio globale che, almeno per quanto concerne il nostro pianeta, abolisce tanto il tempo quanto lo spazio» (MCLUHAN, 1999). Il carattere ibrido della videocamera, in parte meccanica, in parte elettronica, fa sì che nei miei ricordi, l’elemento meccanico si associ alla figura di mia madre, diventando parte di lei, fino a quasi essere un ampliamento della sua persona; inoltre i moltissimi eventi catturati su nastro, al momento della loro visione, annullano le distanze temporali e spaziali alle quali essi appartengono, trasportando colui che li visiona in periodi appartenenti al passato che oramai non esistono più, ma che l’opera di mia madre ha reso immortali. Inoltre essi sono le testimonianze del cambiamento tecnologico, sociale, comunicativo attraverso cui è possibile studiare e comprendere il presente. Quando la proprietaria dell’oggetto è venuta a mancare, anche lo strumento stesso ha cessato la sua vita, è stato riposto in un armadio, tuttavia non è stato dimenticato.
Durante la ricerca della videocamera, mi è capitato di scoprire un dispositivo di cui ignoravo l’esistenza: la fotocamera degli anni Cinquanta appartenente a mio nonno. Possiede il fascino dell’antico, del lontano dalla contemporaneità, di una tecnica fotografica ormai superata e raramente utilizzata per la sua complessità. Il progresso tecnologico ha il merito di aver semplificato alcuni processi, rendendoli più precisi e accessibili. Tuttavia, proprio il desiderio di riportare in vita un oggetto, questo sì dimenticato, ha fatto sì che lo scegliessi, con la promessa in futuro di mettersi in gioco e scattare delle fotografie che catturino l’attualità, tramite un dispositivo che non le appartiene. Questo medium, oltre che essere testimonianza di un mondo che, dopo il secondo conflitto mondiale, si avviava verso il boom economico e l’epoca del benessere, rappresenta un frammento di mio nonno e della sua personalità, dandomi l’opportunità di conoscere una parte di lui che non ho mai avuto l’opportunità di incontrare.
Il passaggio al digitale ha influenzato la comunicazione, permettendo la trasformazione dei “vecchi media” e la creazione di nuovi. I processi di digitalizzazione vengono associati alla nozione di successo, considerati cambiamenti vincenti. Tuttavia, trovandosi a confronto con questi due manufatti così distanti e diversi fra di loro, una domanda sorge spontanea: gli strumenti, i metodi di comunicazione, i dispositivi che attualmente rappresentano il progresso, saranno in futuro, ancora in grado di essere utilizzati?
Interessante è notare che l’apparente obsolescenza associata ai media più distanti dalla contemporaneità non sia in realtà tale: la vecchia fotocamera analogica risulta ancora utilizzabile, mentre i dubbi sorgono sul funzionamento della videocamera, il dispositivo più recente tra i due.
Ecco che quelle parti meccaniche che incarnano l’evoluzione, il successo e il progresso, si scoprono, in modo paradossale, maggiormente obsolete di quelle considerate tali. In una situazione di emergenza come quella odierna, in cui la comunicazione è fondamentale, si tendono a cercare delle stabilità, dei punti fissi, delle sicurezze incorruttibili. Non sempre essi sono rappresentati dai media digitali, ma magari da quei media che pur appartenendo al passato, sono incredibilmente attuali e permettono di indagare le temporalità che hanno forgiato l’odierno, sia a carattere universale che più personale e individuale.
Bibliografia
BARTHES R. (2003), La camera chiara. Nota sulla fotografia, Piccola Biblioteca Einaudi, Milano
CHERCHI USAI, P., (1999), L'ultimo spettatore. Sulla distruzione del cinema, Il Castoro, Milano
ID. (1999), What is an Orphan Film? Definition, Rationale and Controversy, dal Symposium Orphans of the storm: saving “orphan films” in the digital age, University of South Carolina http://www.sc.edu/filmsymposium/archive/orphans2001/usai.html (ultima consultazione novembre 2020)
DAGNA S. (2014), Perché restaurare i film?, ETS, Pisa
MCLUHAN, M., (1999), Gli strumenti del comunicare [1967], Il Saggiatore, Milano
Sitografia
https://sites.google.com/site/fromthefocalplanetoinfinity/nettar (ultima consultazione novembre 2020)
https://www.nadir.it/ob-fot/CONTAX_STORIA/contax_storia03.htm (ultima consultazione novembre 2020)
https://www.nadir.it/ob-fot/CONTAX_STORIA/contax_storia04.htm (ultima consultazione novembre 2020)
http://www.fontefotografica.it/epoca2.asp?ID=2315 (ultima consultazione novembre 2020)
https://www.zeiss.com/corporate/int/about-zeiss/history.html (ultima consultazione novembre 2020)
https://www.catawiki.it/l/32277897-zeiss-ikon-nettar-518-16-6x6-cm (ultima consultazione novembre 2020)
https://camerapedia.fandom.com/wiki/Zeiss_Ikon_Nettar (ultima consultazione novembre 2020)
http://holoceen.nl/ZeissIkonBRD.php (ultima consultazione novembre 2020)