Wunderkammer
Tra ritratti individuali, viaggi e assetti geopolitici globali
Wollensak EyeMatic C-46
NOME FONDO | Collezione privata Diego Muratore |
PROPRIETARIO | Muratore D. |
IDENTIFICATIVO | 00000001 |
LOCALIZZAZIONE | Italia |
TIPOLOGIA DEL SITO | Abitazione privata |
SPECIFICHE | Soggiorno, I piano, teca museo |
COORDINATE | 45.613643, 13.859701 |
DATA DI REPERIMENTO | 15/05/2017 |
AUTORE DELLO SCAVO | Muratore D. |
DEFINIZIONE | Cinecamera |
TIPOLOGIA | multiobiettivo 8mm |
CATEGORIA | ottica |
ANNO | 1958 |
MARCA | Wollensak |
MODELLO | C-46 |
N. SERIE | 46-12741 |
MISURE E PESO | 5,9 cm (L), 10,9 cm - focali escluse / 14,2 focali incluse (P), 12,9 cm (H) / 1051 gr |
Wunderkammer. Tra ritratti individuali, viaggi e assetti geopolitici globali
di Diego Muratore
Da sempre ho avuto la passione del collezionismo: dai francobolli, di cui dispongo di un enorme catalogo, ai vecchi soldatini di piombo. Ho iniziato con il modellismo, dipingendo figurini e allestendo una vetrina come spazio espositivo. La passione di raccogliere, riparare ed esporre, di "collezionare", si è fatta, negli anni, via via sempre più forte.
L’avvicinamento al mondo della fotografia e della cinematografia rese, per così dire, inevitabile il rinvenimento in casa di una macchina fotografica semiautomatica Minolta, appartenente a mia madre e con la quale scattò centinaia, se non migliaia, di fotografie. Dopo esser entrato in possesso di questo oggetto, i miei parenti pensarono che fosse il momento giusto per affidarmi altri cimeli di famiglia: mi vennero regalate le macchine fotografiche e la cinepresa di mio nonno. Una volta creato lo spazio espositivo apposito per tutti questi oggetti e messi in “bella vista”, la curiosità mi spinse a chiedere al nonno quale fosse la storia della cinepresa e di un’altra macchina fotografica.
Il nonno mi chiese di sedermi – sapevo che stava per iniziare a narrare un'odissea - e iniziò a raccontare: la cinepresa 8mm Wollensak EyeMatic C-46 gli venne regalata al compimento dei diciotto anni nel 1958, momento in cui venne «liberato» (cito testualmente) dalla prigionia del collegio milanese al quale era stato affidato, in quanto la sua famiglia non poteva accollarsi le spese dei numerosi figli. Portò con sé la Wollensak più o meno per tutta la vita – anche quando diverrà obsoleta – e con essa filmò il matrimonio con mia nonna e le innumerevoli vacanze che assieme fecero, ben molto tempo dopo la nascita di mia madre.
Altra storia è quella della macchina fotografica Zenit modello TTL. Subito dopo il collegio mio nonno iniziò a lavorare come marittimo sulle navi petroliere. Girò il mondo per oltre dieci anni: visitò il Sudamerica, l'India, Johannesburg, risalì il Nilo... Uno di questi viaggi lo portò nel gelido nord del mar Baltico, fece tappa a Copenaghen, Lubecca, Riga e San Pietroburgo. In quest’ultima città giunse in occasione del suo compleanno: i colleghi e amici di mare decisero allora di fargli un regalo: una macchina fotografica sovietica, la Zenit TTL detta anche“Mosca”, che in quel momento era concorrente di Leica, Hasselblad e di tante altre.
In conclusione, i due oggetti racchiudono in sé molto di più che delle semplici meccaniche: portano dentro la storia di un uomo che è arrivato ai confini della terra, che nella sua umiltà e con la poca esperienza delle persone comuni, non professioniste del settore, ha impresso su pellicola le immagini (per essere mostrate e, soprattutto, tramandate) testimoni dei suoi grandi viaggi e delle tappe della sua travagliata vita. Ho scelto queste due macchine perché, assieme ai negativi, sono il ricordo tangibile che mi rimarrà di mio nonno una volta che non ci sarà più e perché credo costituiscono uno degli archivi più completi e importanti della mia famiglia.
La scelta è infine dettata dal periodo in cui stiamo vivendo, il quale ha temporaneamente fermato le dinamiche quotidiane e ha permesso così di poter mettere ordine in casa. Il progetto di catalogazione, documentazione e riscoperta dei materiali, vuole essere non solo, come detto in precedenza, un riscoprire la gioventù di mio nonno e la mia “eredità” ma vuole essere anche un messa a confronto, nella contemporaneità segnata da una ridefinizione delle relazioni geopolitiche che ancora stentiamo a comprendere e valutare, di due oggetti e strumenti di ripresa che all’epoca della loro diffusione e utilizzo incarnavano e rappresentavano le due contrapposte superpotenze dominanti: Stati Uniti e URSS.
Wunderkammer. Tra ritratti individuali, viaggi e assetti geopolitici globali
Quello delle Wunderkammer è un fenomeno che risale all'alto medioevo, sviluppatosi maggiormente nel corso del Cinquecento e del Seicento per poi scemare pian piano nel corso del Settecento: questi gabinetti si possono definire come proto-musei in quanto si tratta del primordiale concetto di museo e dell'atto di collezionare, nonostante in questi i materiali non vengano organizzati seguendo quello che potrebbe essere considerato il moderno metodo per la catalogazione e l'esposizione degli oggetti. All'interno di questi “gabinetti delle curiosità” venivano conservati e, come precedentemente affermato, esposti oggetti che si supponeva recassero stupore al pubblico; ciò che si conservava era diviso in due categorie principali: naturalia, ovvero tutti quegli oggetti provenienti dalla natura stessa come animali e piante rari o sconosciuti; artificialia, ossia tutto ciò che era collegato al mondo umano, quindi monete antiche, preziose collane, vasi, reperti archeologici, manoscritti; in sostanza tutto ciò che poteva avere una sorta di commercio nell'ambito del collezionismo (Weschler, 1999).
Se da una parte la funzione delle Wunderkammer era quella di far conoscere le meraviglie del mondo, dall'altra, come afferma Stephanie Jane Bowry, inevitabilmente ciò che si venne a creare furono una sorta di archivi dove tutti gli oggetti in essi presenti venivano conservati da possibili deterioramenti possibilmente causati, in primis, dal tempo e dagli agenti atmosferici; ma anche da probabili cause dovute all'uomo: cattiva conservazione, incedi nelle abitazioni – nel medioevo spesso frequenti – vendita a terzi senza tener conto del valore storico e così via. Si può parlare quindi non solo di proto-museo, ma anche di proto-conservazione dei materiali nonostante il fine non fosse quello del tramandamento storico ma più considerato come il possesso di oggetti rari e pregiati e, di conseguenza poi, l'elevazione ad uno status sociale più alto: era comune pensiero che il possedimento di beni preziosi o immobili sfarzosi assicurasse uno stato elitario nella società del tempo (Cfr. Bowry, 2015).
Ciò che ne esce è proprio il concetto di “collezionismo”. Da qui ha inizio la ricerca che si vuole condurre prendendo in esame oggetti attualmente disposti all'interno di una teca adibita a museo all'interno di un'abitazione privata: apparecchi che sono andati a formare il “Fondo privato Muratore”, il quale attualmente conta di diversi apparecchi ottici: ci si sofferma, in questo caso, su una cinecamera statunitense prodotta dalla società Wollensak.
La Wollensak Eye Matic C-46
La cinecamera Wollensak modello Eye Matic C-46 si trova in un perfetto stato di conservazione, dovuto anche agli accorgimenti del proprietario: essa viene smontata e pulita in ogni sua parte per garantire il corretto funzionamento importante per la sua funzione divulgativa e espositiva. È riposta all'interno di una teca chiusa al fine di evitare che possibili agenti esterni alterino l'attuale stato conservativo.
La camera, il cui peso si aggira intorno al chilogrammo, è costituita di materiale ferroso, dipinto all'esterno: sebbene l'utilizzo della camera risulti essere poco pratico dovuto alla forma che compromette quindi la maneggevolezza, questa presenta un innovativo sistema tri-lente: pensata per un uso amatoriale, si prevedeva che le possibili scene da riprendere necessitassero di un teleobiettivo, un grandangolo e un obiettivo a media focale adatto ai ritratti. Si pensi che questa linea di pensiero rimane comune tra tutti i fotografi anche al giorno d'oggi: si trova su qualsiasi sito web, dove si parla di dotazione fondamentale del fotografo, che le lenti necessarie per un qualsivoglia scopo siano tre, per l'appunto un teleobiettivo, un grandangolo e una lente a 50 mm.
Tale camera venne regalata al proprietario precedente, Bruno, al compimento dei suoi diciotto anni, lo stesso giorno in cui egli uscì da anni di clausura presso un collegio gestito da clericali: correva l'anno 1958.
Successivamente l'uso che ne fece il signor Bruno fu principalmente amatoriale: filmò parte delle sue prime esperienze al di fuori delle mura del collegio, come ad esempio il periodo di leva presso il corpo militare dei paracadutisti, in seguito divenuto nel 1963 “Brigata Folgore”; o altri momenti della sua vita, come l'incontro con l'attuale moglie ed il successivo matrimonio. Sfortunatamente sia i negativi che i positivi, conservati fino a qualche anno fa all'interno di una valigia impermeabile, sono andati perduti probabilmente in un trasloco, la poca cura o il non pensare che quelle pellicole costituissero non solo un ricordo familiare ma una possibile fonte storica importante per possibili ricerche future.
Wunderkammer. Tra ritratti individuali, viaggi e assetti geopolitici globali
Wollensak è stata un'azienda statunitense produttrice di materiali audiovisivi con sede a Rochester, nello stato di New York. Fondata nel 1899 da Andrew Wollensak al fine di produrre otturatori per macchine fotografiche, la Wollensak conobbe il massimo splendore intorno agli anni Cinquanta: l'impresa contava oltre un migliaio di dipendenti, le vendite erano elevatissime grazie anche alla nuova produzione avviata di registratori ad uso amatoriale (casalingo e scolastico). Comprata successivamente da due grandi aziende, la Wollensak cessò l'attività di produzione nel 1972 e divenne dapprima un marchio secondario all'interno della Revere Camera Company, successivamente entrambe vennero acquistate a poco prezzo dalla multinazionale 3M con sede nello stato del Minnesota, USA (Cavina, 2019).
Nonostante il picco di produzione massima si registri tra gli anni Cinquanta e Sessanta, è bene notare che la Wollensak, dopo aver acquisito la Rochester Lens Co., iniziò ad avere la possibilità di produrre non solo otturatori ma anche lenti di alta qualità: durante la Seconda Guerra Mondiale ciò ebbe un ruolo fondamentale in quanto l'azienda avviò la produzione di migliaia di lenti per gli aerei ricognitori e con esse le lenti per le macchine Graflex Speed Graphic, lo standard delle camere ad uso militare.
Al termine della guerra la fotografia subì una trasformazione diventando principalmente un hobby amatoriale, una professione o una nuova forma d'arte e non più a soli scopi militari: la Wollensak aveva lenti per ogni tipo di macchina e utilizzo. Ciò le permise di continuare a rimanere nel mercato e variare la sua produzione indirizzandola al comune privato utilizzatore. Sebbene la produzione fosse continuativa e sempre a livelli molto alti, la Wollensak non poté competere con la macchina capitalista che, a metà del XX secolo, stava generando le aziende multinazionali favorendole nei loro sistemi complessi e, talvolta, distruttivi per le piccole – medie imprese le quali, la maggior parte delle volte, si vedevano comprate e completamente smembrate nella loro struttura economica da questi grandi colossi del mercato che erano per l'appunto le multinazionali. La ditta produttrice di lenti e otturatori pertanto venne comprata prima da un'azienda e successivamente entrambe passarono sotto la più grande 3M: nel 1972 la Wollensak terminò la produzione non potendo competere, in qualità e prezzi di vendita, con le emergenti società orientali produttrici degli stessi prodotti.
Wunderkammer. Tra ritratti individuali, viaggi e assetti geopolitici globali
Per ciò che concerne l'aspetto della valorizzazione, riprendiamo ora non solo il concetto di Wunderkammer, ma introduciamo anche quello di ‘memoria’.
Nelle schede precedenti, si è spiegato il significato storico del “gabinetto delle meraviglie”, ossia una stanza o un mobile dove venivano esposti al pubblico, conservati e in alcuni casi venduti, oggetti rari e curiosi provenienti dal mondo umano e naturale. Come si è visto la Wunderkammer può essere considerata come un'idea primordiale di museo: l'atto di raccogliere ed esporre oggetti, sebbene nelle Wunderkammer senza una metodologia, è proprio di un archivio o museo ma, spingendoci un po' più in là ci rendiamo conto che questo spazio ospita dei veri e propri cimeli storici che non sono altro che delle prove della presenza e dell'azione dell'uomo.
La memoria, scrive Alice Cati nel suo Gli strumenti del ricordo, possiede un proprio linguaggio, speciale e talvolta affine a quello poetico in quanto ricorre ad una serie di metafore per spiegare in maniera figurativa le sue diverse proprietà:
«la similitudine della nozione di traccia risulta essere efficiente per spiegare il ricordo, o traccia psichica, come un segno che perdura nel tempo inteso anche come traccia culturale, quest'ultima caratterizzata da una forma materiale come la scrittura, in origine, successivamente con l'era della digitalizzazione, fotografie, social media e così via» (Cati, 2016)
Ecco che ancora più forte ci viene marcato il concetto alla base della memoria: si tratta non solo di un collegamento di sinapsi all'interno del nostro cervello ma molto di più, delle vere e proprie serie di impronte e di tracce di azioni, eventi costumi del passato (Cfr. Cati, 2016).
Da quest'ultima definizione si intende introdurre quindi il termine memoria legato a ciò che gli oggetti portano con sé: da una parte la memoria privata, legata alla storia dell'oggetto stesso, del proprietario e dell'uso che ve ne ha fatto, includendo così a sua volta altre persone e le loro storie, fino a creare un tessuto organico di centinaia di storie private; dall'altra parte la storia, intesa come ἱστορία o historia, ovvero un'esposizione ordinata di fatti e avvenimenti umani del passato con il risultato di un'indagine critica volta ad accertare la verità di questi sia le connessioni reciproche.
Sebbene le due definizioni possano sembrare molto distanti, al contrario, esse sono intrecciate l'una all'altra: considerando un oggetto con una valenza storica questo diventa una traccia culturale con un'importanza nella storia globale dell'uomo, testimone del passaggio, dell'utilizzo da parte di questo, andando così ad arricchire la storia e, di conseguenza, la memoria collettiva della società, divenendo quella che si può definire propriamente una testimonianza.
La struttura delle Wunderkammer diventa pertanto un vero e proprio contenitore di memorie: all'interno di esse sono racchiuse e conservate storie di genti e dal mondo.
A tal proposito, si inserisce l'idea per la valorizzazione dei materiali oggetto di questo scritto: della Zenit TTL e, il secondo oggetto presentato per il progetto Cronache del dopobomba la Wollensak Eye Matic C-46 (a cui si rinvia per la scheda): attraverso la digitalizzazione delle immagini prodotte da queste due camere, si può costituire una sorta di atlante delle emozioni.
L'etimologia di emozione racchiude in sé – scrive Giuliana Bruno nel suo volume dal titolo Atlante delle emozioni - il concetto di spostamento, migrazione, trasferimento da un luogo ad un altro, che è proprio alla base di questo scritto pertanto la creazione di questa mappa vuole essere un viaggio nei viaggi: componendo tale ideale cartografia si potranno accostare le immagini prodotte dal proprietario dei materiali e creare così una serie ordinata, o meno, di ricordi evocativi ed emotivi: si avrà piena libertà di scelta di porre una foto vicina piuttosto che un'altra a seconda di un qualsivoglia principio, che potrà essere estetico – integrità della foto, colore e composizione – o legato alle emozioni sprigionate dalla mera osservazione della fotografia o, ancora, a seconda di un possibile racconto da parte del fotografo inerente alla cristallizzazione del continuum fotografico presente nell'immagine, che si tradurrà poi in una sorta di cristallizzazione affettiva dove l'istante passato diverrà materiale; si potrà costituire una sorta di fil rouge attraverso gli spezzoni narrativi della vita del fotografo (Cfr. Berger, 2013; pp. 87 – 89) (Cfr. Cati, 2016, p. 132).
Ci si potrà poi muovere all'interno di questa piccola mappa composta da fotografie e didascalie descrittive, a proprio piacimento (Fig. 2a-2i).
Avidi di ricordi e pervasi dalla costante ansia dell'oblio, viviamo in un'epoca dove ricordare significa tutto e dimenticare è la paura più grande: fare affidamento esclusivamente alla mente e alla sua capacità di immagazzinare informazioni non ci basta, ricorriamo pertanto a mettere da parte libri, fotografie, oggetti che seppur inanimati ci trasmettono le sensazioni del passato, tanto da farcele rivivere grazie al solo sfioramento di essi.
Volendo riassumere il discorso possiamo dire che si è scelto di raccontare della cinecamera e della macchina fotografica inserendole nel progetto in quanto costituiscono un ricordo tangibile della vita del proprietario, mio nonno, arricchite dalla sua stessa testimonianza. Ho sempre ammirato quest'uomo, nonostante la poca istruzione scolastica, nel corso della mia crescita è riuscito a trasmettermi nozioni e lezioni molto più importanti del sapere: attraverso le sue storie, i suoi racconti circa i grandi viaggi in giro per il mondo, ha accresciuto in me la voglia di esplorare, di conoscere e con saggezza ricordare, tenere viva la memoria di quelle che sono state le vicende legate alla mia famiglia, che si sono protratte di generazione in generazione. Anche grazie a questi due materiali ora mi è possibile ripercorrere tutte queste tappe e sono in grado, in questo caso, di raccontarne creando così una sorta di album di famiglia, fatto di immagini, aneddoti, storia, racconti.
BIBLIOGRAFIA
BERGER, J. (2013), Understanding a Photograph, tr. it. di Maria Nadotti, Contrasto, Roma.
BRUNO, G. (2006), Atlas of Emotion. Journey in Art, Architecture, and Film. tr. it. di Maria Nadotti, Mondadori, Milano.
CATI, A. (2016), Gli strumenti del ricordo, Editrice La Scuola, Brescia.
KINGSLAKE, R. (1974) Wollensak, in "The Rochester Camera and Lens Companies", Photographic Historical Society, Rochester NY.
WESCHLER, L. (1999), Il gabinetto delle meraviglie di mr. Wilson, Adelphi, Milano.
SITOGRAFIA
Aa.Vv., The Wollensak Optical Company, in "Westech Optical Corporation" https://www.westechoptical.com/blog/the-wollensak-optical-company (ultima consultazione Novembre 2020)
BOWRY, S. J. (2015) Re-thinking the Curiosity Cabinet:A Study of Visual Representation in Early and Post Modernity, University of Leicester, https://www.academia.edu/11398957/Rethinking_the_Curiosity_Cabinet_A_Study_of_Visual_Representation_in_Early_and_Post_Modernity (ultima consultazione Novembre 2020)
CAVINA, M. (2019), Wollensak UV Anastigmat. L'obiettivo venuto dallo spazio,in "Nocsensei".https://www.nocsensei.com/camera/tecnica/marco-cavina/marcocavina/wollensak-uv-anastigmat-lobiettivo-venuto-dallo-spazio/ (ultima consultazione Novembre 2020)
CECCHI, D; SCOCCO C, (1974) La storia delle marche fotografiche, Officine URSS. http://www.guidafotousato.it/4-STORIA_MARCHE/testi/Fabbriche%20CCCP.htm (ultima consultazione Novembre 2020)