La voce del padrone
Fonografia e potere (di Alessandro Filippig)
AEG Magnetophon AW2
NOME FONDO | Collezione privata Alessandro Filippig |
PROPRIETARIO | Filippig A. |
IDENTIFICATIVO | 00000001 |
LOCALIZZAZIONE | Italia |
TIPOLOGIA DEL SITO | Abitazione privata |
SPECIFICHE | - |
COORDINATE | 46.075050, 13.286561 |
DATA DI REPERIMENTO | 29/04/2020 |
AUTORE DELLO SCAVO | Filippig A. |
DEFINIZIONE | Registratore/Riproduttore audio |
TIPOLOGIA | nastro magnetico |
CATEGORIA | Fonografia |
ANNO | 1950 |
MARCA | AEG - Magnetophon |
MODELLO | AW2 |
N. SERIE | 0629 |
MISURE E PESO | 52 cm (L)x28 cm (H)x55 cm (P) /27 kg |
La voce del padrone. Fonografia e potere
di Alessandro Filippig
A partire dalla crescita e dallo sviluppo dell’alfabetizzazione, in epoca illuminista, i media hanno iniziato ad avere un ruolo di rilevante importanza nella creazione della cosiddetta opinione pubblica. Essa ambisce a emanciparsi dallo Stato e a ritenersi autonoma da questo, essendo espressione di chi non esercita direttamente funzioni di gestione del potere esecutivo, ma non vuole rinunciare a un controllo e una critica su temi politici, culturali, sociali e religiosi nelle moderne società, caratterizzate dall’affermazione del ceto borghese, che vanno via via costituendosi.
Con la diffusione della fotografia, del cinema, della radio e con l’ascesa dei regimi totalitari, nel Novecento si assiste al concretizzarsi di un’ipotesi euristica secondo cui «la notizia e la verità non siano la stessa cosa, e debbano essere chiaramente distinte»[1]. Un ruolo fondamentale è ricoperto dai media «che partecipano insieme dell’allargamento del campo informativo individuale e della distorsione nell’autodefinizione della realtà attraverso le dinamiche della censura, della segretezza, della propaganda, dell’affermazione degli stereotipi».[2] Le libertà di pensiero e di espressione subiscono l’influenza delle informazioni fornite dai regìmi. Le principali istituzioni e dispositivi sono orientati e piegati a tali scopi, con il supporto non secondario dei mezzi di comunicazione tecnologici su cui vogliamo soffermarci.
Nel momento in cui il coronavirus inizia a diffondersi, in Europa nel 2020, si assiste ad un bombardamento mediatico che ha l’effetto di traumatizzare le masse. I quotidiani, i notiziari televisivi, le piattaforme informative della rete, per settimane non pubblicano altro che non riguardi l’incedere della pandemia. Tale saturazione rende difficile, anche nel mare magnum del WEB, trovare notizie non riguardanti le morti per COVID-19. Siti e piattaforme che esprimono idee o dati contrastanti, vengono temporaneamente oscurati o censurati.[3]
In poco tempo cominciano a circolare idee complottiste sulla diffusione del virus, motivate da ipotetiche scelte politiche o economiche dei vari centri di potere, divulgate per lo più attraverso canali minori.[4]
Da un punto di vista epistemico, riscontro, tra le persone con cui sono rimasto in contatto in questo periodo, la necessità morale di formarsi un’opinione sul fenomeno di diffusione del coronavirus, sia che questo discenda da un incidente presso un laboratorio biologico a Wuhan, sia che si tratti di una ingegnerizzazione di un virus per verificare le reazioni delle masse, sia che si tratti della volontà di affossare alcune economie, sia che si tratti di fatalità, oppure di un qualsiasi altro motivo e a priori della pandemia attuale.
Gli individui, nella cerchia dei miei conoscenti, si muovono alla ricerca di informazioni per poter avere un pensiero libero su quanto sta accadendo attorno a tutti noi. In questo ogni medium disponibile diventa una fonte, ogni riflessione propria diventa oggetto di confronto, talvolta telefonico o in riunioni di gruppo on-line, con le persone con cui si è rimasti in contatto: parenti, colleghi di studio o lavoro, forze dell’ordine, personale medico o della Protezione Civile.
Sulla base di queste dinamiche e riflessioni complessive ho scelto, quale oggetto di ricerca interno al progetto, il registratore a nastro magnetico AEG Magnetophon AW2 (di mia proprietà), risalente ai primi anni Cinquanta, discendente diretto del AEG Tonschreiber, coperto da segreto militare, con cui il regime nazista diffondeva il messaggio del Führer alla nazione attraverso la radio. Poche bobine duplicate, distribuite alle maggiori stazioni radio del Terzo Reich, permettevano di far giungere i comunicati di Hitler alla popolazione sull’intero territorio del suo Impero.
Ho trovato, soprattutto nella fase iniziale di diffusione del virus, un certo parallelismo tra le univocità dell’informazione nelle due situazioni. Parallelismo che, per nostra fortuna e sorte, poi inizia a divergere.
[1] Walter Lippman, “L’opinione pubblica”, Donzelli, Roma, 1999, p.359.
[2] Stefano Crisante, “Azzardo e conflitto”, Manni, Lecce, 2001, p.27.
[3]https://www.byoblu.com/tag/censura/
[4]https://www.ilriformista.it/cose-plandemic-la-nuova-teoria-del-complotto-sul-coronavirus-diffuso-dai-ricchi-95735/, https://cordis.europa.eu/article/id/415930-trending-science-why-covid-19-conspiracy-theories-spread-faster-than-the-pandemic/it, https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/04/24/il-coronavirus-rafforza-le-teorie-del-complotto-ma-chi-ci-guadagna-davvero/5780684/
La voce del padrone. Fonografia e potere
Descrizione dell’oggetto
Attualmente il registratore si presenta in una configurazione non originale che gli consente il funzionamento sia in posizione orizzontale sia in verticale.
Visto di fronte, in posizione verticale, esso si presenta come una grande piastra alta 550 mm e larga 520 mm. La profondità è di 284 mm. La piastra è suddivisa in due parti (Fig. 1). La parte superiore è costituita dalla macchina, vera e propria, ossia il registratore AEG Magnetophon AW2, alta 365mm, mentre la parte sottostante è integrazione di un'unità elettronica munita di manopole per l’azionamento di vari controlli, di due spie indicatrici dello stato di funzione (registrazione o riproduzione) e uno strumento ad ago di grosse dimensioni, illuminato, per il controllo della modulazione.
È un registratore a bobine aperte, a valvole, con un motore e due teste magnetiche (Fig. 2).
Il colore non è quello originale. Il reperto è stato acquistato ad un’asta on-line nel 2014 per € 70, completo ed integro ma presentava tracce di un incendio che, tuttavia, non ne aveva intaccato le parti vitali. Uno degli aspetti che dava segnalazione del fatto è stata la riverniciatura: sebbene la colorazione, in origine, fosse tinta sabbia, oggi si presenta di una tonalità grigio scura martellato. Anche le parti meccaniche presentavano, all’acquisto, i segni di una forte usura.
In origine, l’apparecchio era contenuto in una valigia di legno, ricoperta in similpelle, delle dimensioni di 550x390x240 mm. La valigia costituiva una delle tre opzioni di commercializzazione proposte dal costruttore. Le altre erano un mobile da tavolo in legno pregiato ed una consolle verticale di grandi dimensioni in cui si trovavano alloggiati un grosso altoparlante ed un amplificatore audio ad alta fedeltà. Le prime due modalità di custodia necessitavano di un amplificatore esterno. Questo è il motivo per cui al reperto in oggetto è stato integrato un amplificatore, la parte sottostante a cui si faceva riferimento, anch’esso a valvole.
Funziona con nastro da 1/4", a due tracce (una traccia per lato), due velocità di scorrimento, 19 e 38 cm/sec. La funzione avvolgimento veloce è assente di fabbrica.
L'esemplare in esame ha subìto alcuni aggiornamenti per migliorarne le caratteristiche tecniche:
sono stati spostati gli assi dei piattelli portabobina per ospitare le bobine standard da 10,5" (267mm). All'origine il diametro massimo consentito era di 250mm;
è stata aggiunta una variante sui mozzi dei piattelli portabobina per consentire di ospitare, oltre al formato AEG, anche quello NAB e quello CINE;
l’occhio magico (valvola EM11) è stato rimosso e sostituito con un indicatore di modulazione ad ago;
le testine a bassa impedenza originali sono state sostituite con modello ad alta impedenza;
è stato applicato un amplificatore per la registrazione e l'audizione secondo uno schema single-ended Mullard;
lo stesso è munito di due uscite a bassa impedenza per il pilotaggio di amplificatori esterni con cavi lunghi;
è stato applicato un indicatore di avanzamento del nastro a foggia di orologio a lancette di costruzione Grundig coeva;
su un pannello laterale sono state alloggiate prese e spine XLR per ingressi e uscite, vi è, inoltre, una presa RCA di uscita supplementare;
è stata opportunamente messa a terra l'apparecchiatura con connettore C14 (VDE).
Mancano le opportune targhette per identificare i controlli dell’unità elettronica.
Si procede sinteticamente con elencare le caratteristiche del registratore in analisi:
sei valvole: EF40 preamplificatrice; EL42 oscillatrice e preamplificatrice; ECL82 pilota dello strumento di lettura della modulazione; ECC82 pilota uscite a bassa impedenza, in configurazione a inseguitore catodico; EF86 amplificatrice pilota finale; EL84 finale di media potenza e pilota del segnale di incisione;
alimentazione dalla rete luce 220-240V;
motore commutabile a 4 poli (38 cm/sec) e 8 poli (19 cm/sec);
mozzi tipo CINE, AEG, NAB intercambiabili;
funzionamento orizzontale e verticale;
comandi semplici, facilmente accessibili e intuitivi;
spie indicatrici della funzione (registrazione - riproduzione);
grande strumento illuminato indicatore della profondità di modulazione.
Il Magnetophon AW2 è il successore diretto del modello AW1, commercializzato nel 1948, in cui A sta per Aufnahme e W per Wiedergabe, in tedesco Registrazione e Ascolto. Il modello AW2 differisce dal AW1 per l'utilizzo delle nuove valvole "rimlock" EF40 e EL41. In questo esemplare la EL41 è stata sostituita con una EL42, meno potente e con minor guadagno, per poter essere accoppiata alle più nuove teste ad alta impedenza. Tutte le valvole dell'elettronica aggiunta sono della serie "noval".
La risposta in frequenza all'origine va da 40 a 10.000 Hz a 19 cm/sec e da 40 a 12.000 Hz a 38 cm/sec con una distorsione < 3% con nastro in acetato. In seguito alle modifiche e utilizzando il moderno nastro in poliestere Fe2O3, le prove di laboratorio hanno rilevato una banda passante lineare fino a 15.000 Hz e distorsione inferiore a 1% alla velocità di 19 cm/sec. Nello schema "AEG MAGNETOPHON AW2 schema aggiornato" (Fig. 3) è visibile la modifica del circuito d'entrata, in cui la EF40 viene fatta lavorare con catodo a massa e senza trasformatore di accoppiamento della testa magnetica, inoltre, alcuni componenti sono stati aggiunti, altri modificati nel valore. La tecnologia usata nel AW2 è la stessa del AEG Magnetophon Tonschreiber B, il registratore che veniva usato nelle emittenti radiofoniche tedesche tra il 1942 e il 1945, tecnologia sconosciuta agli americani poiché coperta da segreto militare, noto come il primo dispositivo ad alta fedeltà della storia della musica riprodotta. Questi apparecchi superavano in perfezione qualsiasi sistema di registrazione esistente, compreso il film sonoro. I radioascoltatori non avevano la possibilità di distinguere tra un programma musicale in diretta studio ed uno registrato, al contrario di quanto avveniva per i dischi. Questo primato è rimasto imbattuto, e per alcuni lo è ancora, fino ai tardi anni Novanta, quando il digitale raggiunse un buon grado di fedeltà. Una particolarità tecnica è costituita dalla circuitazione della EL41 (EL42 nello schema aggiornato), la quale funziona come oscillatrice BIAS in registrazione, e come amplificatrice BF in riproduzione. Questa soluzione ha permesso di risparmiare una valvola nel circuito.
Il AW2 ha una meccanica semplificata rispetto ai fratelli maggiori della serie K (serie civile del Tonschreiber militare), perché pensato per entrare nelle case del dopoguerra. Ma il prezzo era comunque molto elevato e non certo alla portata di una diffusione commerciale. Ciò costituì uno svantaggio che ne decretò le poche vendite.
Del AW2 è allegata una pubblicità dell'epoca datata luglio 1950 (Fig. 4).
Uso dell’oggetto
Il cambio tensioni si trova nella parte posteriore in basso (funzionamento verticale). Sempre nella parte posteriore si trovano un'uscita a 'banana' per altoparlante monitor da 5Ω e una RCA di linea a 700mV per ulteriore amplificatore. Sul lato sinistro in alto sono alloggiate, su un piccolo pannello, le prese XLR: una di ingresso da 10mV a 500mV regolabile, una di ingresso per microfono dinamico a 10 mV, ed una uscita a 700mV indipendente da quella posizionata sul retro.
Per prima cosa vanno scelti i mozzi da utilizzare: AEG, NAB o CINE. Il cambio va effettuato svitando la vite in testa ad ogni mozzo e sostituendo questo con quello desiderato, riserrando le viti.
Le bobine vanno così posizionate: a sinistra la piena, a destra la vuota. Il percorso del nastro è semplice e intuitivo.
L’accensione avviene manovrando l’opportuna manopola AUS. All’accensione il grosso strumento indicatore si illumina. Le valvole iniziano a lavorare dopo circa 40” dall’accensione.
Una manopola collocata al centro in alto, fra le due bobine, permette di scegliere la modalità WIEDERGABE (riproduzione) o AUFNAHME (registrazione). Vi è una posizione centrale tra le due in cui nessuno dei due circuiti è attivo. Nella posizione di registrazione si accende la spia rossa, nella posizione di ascolto quella blu.
Appena al di sotto di questa manopola c’è il selettore di velocità di scorrimento del nastro. Va azionato con una monetina o un cacciavite. In basso, nell’unità elettronica, sotto lo strumento si trovano cinque manopole, le quali controllano le seguenti regolazioni a partire da sinistra:
toni bassi;
toni alti;
volume di modulazione e di uscita;
scelta dell’equalizzazione, con controlli regolabili oppure piatta;
inserimento o esclusione dell’altoparlante monitor.
Rimuovendo il coperchio delle teste si accede all’argano, al rullo pressore, alle teste e alla bocchetta di lubrificazione del motore. Il motore va lubrificato periodicamente, perché imperniato su bronzine, con la frequenza che l’uso che se ne fa richiede. Di norma qualche goccia di olio SAE30 ogni 50h di funzionamento. Lo stesso dicasi per i cuscinetti a sfera non schermati dei piattelli portabobine, accessibili dal retro. Sempre sul retro, è posizionata la manopola per la regolazione dell’equalizzazione di post-compensazione. La calibrazione può essere effettuata strumentalmente con nastro campione ed oscillografo.
L’avvio, previa selezione del modo registrazione/riproduzione, avviene ruotando una grossa manopola all’altezza del gruppo teste, a destra. Consente l’avanzamento alla velocità selezionata (VOR) e il riavvolgimento veloce (ZURUCK). Se, inavvertitamente, si riavvolge il nastro lasciando il selettore nella posizione AUFNAHME, si cancella irreparabilmente la registrazione. Perciò, durante l’operatività, va sempre tenuta d’occhio se quella spia si accende.
La manutenzione, oltre alla lubrificazione già descritta, è indispensabile per il buon funzionamento della macchina. La polvere e la sporcizia sono i principali nemici di tutte le macchine di precisione. Periodicamente vanno puliti dai depositi e dalla polvere il percorso del nastro, le teste, l’argano, il rullo pressore. Essendo questo ultimo in gomma, va utilizzato un prodotto non aggressivo. Le teste vanno smagnetizzate periodicamente per evitare l’abbassamento di rendimento alle alte frequenze. È preferibile evitare i vecchi nastri in acetato poiché rilasciano molto residuo a causa dell’umidità assorbita. In questi casi è consigliabile riscaldare uniformemente la bobina di nastro in un fornetto a 50°C per circa 40’, per permettere all’umidità di evaporare e al rivestimento magnetico di rimanere più compatto. Durante l’uso di questi nastri va sorvegliato costantemente il deposito di sporcizia in tutto il percorso da una bobina all’altra.
La voce del padrone. Fonografia e potere
Dalle origini al Marconi-Stille
Nel 1898 Valdemar Poulsen, un ingegnere danese, brevettò un registratore magnetico a filo senza amplificazione elettronica chiamato Telegraphone (US Patent 661619). Il Telegraphone sfruttava le teorie dell’ingegnere americano Oberlin Smith, il quale nel 1888 condusse alcuni esperimenti sulla magnetizzazione. Era costituito da un rullo di ottone sul quale era avvolta una spirale di filo di acciaio. Un piccolo elettromagnete, posizionato su un carrello, seguiva la spirale durante la rotazione del rullo. L’elettromagnete veniva sollecitato da un microfono a carbone durante la registrazione, e fungeva da sorgente per azionare un piccolo diaframma telefonico durante la lettura. Poulsen mostrò il Telegraphone all’Esposizione Universale di Parigi del 1900 e in quell’occasione registrò le parole dell’Imperatore Francesco Giuseppe d’Austria. Questa registrazione rappresenta la più antica registrazione magnetica al mondo1. L’invenzione non riscosse l’interesse di investitori in Europa. Avvenne diversamente in America, ma, nonostante ciò, non trovò ampia applicazione. (Fig. 5).
La storia dell’oggetto prende avvio qualche anno dopo. Nel 1924 l’ingegnere tedesco Kurt Stille sviluppò un registratore che raccoglieva il filo in bobine ed era dotato di un amplificatore audio che ne permettesse l’ascolto più facilmente. L’apparecchio venne pubblicizzato come dittafono e raccolse i consensi della stampa, ma, a causa dell’iperinflazione che caratterizzò gli anni Venti in Germania, non ottenne il successo sperato (DANIEL, MEE, CLARK, 1998, p. 31).
Il produttore cinematografico tedesco Ludwig Blattner, stabilitosi in Gran Bretagna, nel 1929 si interessò alle invenzioni di Stille perché vi vedeva intrinsecamente la possibilità di sincronizzazione del suono con i film. Fondò una propria compagnia e iniziò la produzione dei Blattnerphone, i quali utilizzavano nastro metallico in luogo del filo. Il dipartimento di ricerca della British Broadcast Company si dimostrò subito interessato al nuovo registratore e stipulò in breve un contratto per l’utilizzo di queste macchine. Sebbene la fedeltà non fosse adatta alla trasmissione di programmi musicali, il Blattnerphone si dimostrò molto utile per l’Empire Service, in cui lo stesso programma doveva essere ripetuto diverse volte per ognuno dei diversi fusi orari coperti dall’impero. Il Blattnerphone era caratterizzato da una serie di difetti, tra cui l’imprecisione del sistema di trascinamento del nastro, il quale doveva costantemente essere sorvegliato e regolato con un reostato. In caso di rottura del nastro d’acciaio, questo si svolgeva violentemente dalle bobine, invadendo parte del locale dove si trovava il registratore (Fig. 6).
«Nel 1933 la Marconi Company acquisì i diritti Blattnerphone e su richiesta della BBC vennero apportate sostanziali modifiche al sistema e al design. Si arrivò alla realizzazione del Marconi-Stille nel 1935, molto più affidabile del Blattner, con una banda passante da 100 Hz a 6 KHz e una dinamica di 35 dB. Il nastro in acciaio al tungsteno era prodotto in Svezia ed aveva uno spessore di 0,08 mm. Una bobina da 3000 m. consentiva circa 32 minuti di registrazione. Le giunte venivano effettuate sovrapponendo e saldando due estremità. Ogni giunta causava un forte rumore avvertibile nell’altoparlante e per questo motivo le bobine che arrivavano alla dozzina di giunte venivano rottamate. Il sistema di trascinamento fu migliorato con due serbatoi di accumulo, rispetto al Blattnerphone, per limitare le rotture del nastro. Né il Blattnerphone né il Marconi-Stille furono macchine caratterizzate da facilità d’uso. Il caricamento di una bobina di nastro d’acciaio da 2700 m. sul registratore era un’operazione che veniva svolta da due operatori, dato il peso considerevole di oltre 35 Kg. della stessa. La movimentazione necessitava di tutte le cautele riservate ad una sega a nastro, perché potenzialmente poteva causare il taglio delle dita a chi la maneggiava» (DANIEL, MEE, CLARK, 1998, p. 36).
L’uso di questi apparecchi proseguì fino ai tardi anni Quaranta: l’ultimo Marconi-Stille fu dismesso dalla BBC nel 19502. (Fig. 7).
Fin da quando comparve il Telegraphone di Poulsen, gli scienziati tedeschi, più di altri in ogni parte del mondo, rivolsero la loro attenzione al miglioramento di questo sistema. Mentre in America si diffuse l’idea che la registrazione magnetica fosse un fallimento, in Germania inventori ed ingegneri come Kurt Stille, Karl Bauer e Fritz Pfleumer mantennero viva la ricerca in questo settore.
Se fino ai tardi anni Venti il filo metallico, e successivamente il nastro metallico, fu il principale supporto usato nella registrazione magnetica, i progressi fecero grandi passi in avanti con l’entrata in questo campo di due colossi tedeschi dell’industria chimica ed elettrica, come I.G. Farbenindustrien A.G. con la sua sussidiaria BASF (Badische Anilin und Soda Fabrik) da una parte, e AEG (Allgemeine Electricitaets Gesellschaft) dall’altra. La loro collaborazione portò, poco più tardi, alle basi della moderna registrazione magnetica su nastro, come verrà affrontato nel paragrafo successivo.
Intensificando la loro ricerca negli anni Trenta fino al termine della Seconda guerra mondiale, i tedeschi svilupparono un sistema di registrazione e riproduzione nettamente superiore a tutti gli altri. A causa degli eventi politici e militari di quel periodo, queste innovazioni rimasero sconosciute al resto del mondo fino al termine del conflitto.
Il Magnetophon
La Allgemeine Elektricitäts-Gesellschaft (AEG) è un’industria tedesca di apparati elettrici fondata nel 1883 da Emil Rathenau, diventata uno dei maggiori gruppi industriali del mondo. La sua produzione si estendeva dalle lampadine ai motori, dalle turbine alle locomotive e agli aeroplani, dagli elettrodomestici alla distribuzione dell’elettricità. In campo ingegneristico un grande numero di invenzioni è attribuito a questo marchio: dal 2009 il marchio AEG è concesso in licenza a diverse compagnie.
Nel 1932 l’ingegnere austro-tedesco Fritz Pfleumer era alla ricerca di finanziatori per la sua invenzione brevettata nel 1928. Si trattava di un dispositivo elettromeccanico basato sull’idea di Poulsen: un registratore di suoni a tubi elettronici che utilizzava, al posto del filo, un nastro di carta rivestito con un impasto di ossido di ferro.
Il gruppo AEG si mostrò interessato all’invenzione perché potenzialmente poteva contribuire allo sviluppo del proprio settore di telecomunicazioni. Stipulò un contratto e istituì subito una squadra di ricerca e sviluppo assistita dallo stesso Pfleumer. Nel periodo fra il 1932 e il 1934, AEG produsse sia la macchina sia il nastro: divenne solo successivamente chiaro che il nastro in carta era troppo fragile e sensibile all’umidità. Era sufficiente che vi fosse una minima irregolarità della superficie a contatto con le teste magnetiche, le quali avevano ancora la forma a scalpello dei Blattnerphone, perché esso si rompesse.
Mentre Pfleumer continuava i suoi esperimenti con il nastro di carta, AEG contattò la BASF affinché avviasse una seconda linea di sviluppo per un nastro più resistente. Si ricorda che BASF era una delle sei compagnie insieme a AGFA e BAYER comprese dalla I.G. Farben, la stessa fornitrice dello “Zyclon B”, colosso mondiale. I nastri prodotti dalla BASF erano in acetato di cellulosa con un rivestimento magnetico in ferro-carbone e i primi esperimenti di comparazione con quelli di carta iniziarono nel 1933.
In quell’anno venne assunto nella squadra di ricerca AEG il giovane ingegnere tedesco Eduard Schuller, il quale contribuì con un proprio brevetto all’avanzamento dei lavori. Si trattava della “testa ad anello”, un dispositivo che poté offrire diversi vantaggi rispetto alle teste “a punta di scalpello” fino allora usate. Il campo magnetico prodotto poté, da quel momento, essere concentrato in una piccolissima regione del nastro migliorando notevolmente tutte le funzioni del registratore, cancellazione, registrazione ed ascolto. Quel momento rappresenta l’inizio della registrazione magnetica così come la conosciamo oggi e per Schuller rappresentò la nomina a ingegnere capo della squadra di ricerca sulla registrazione magnetica AEG (Fig. 8).
Nel frattempo, i lavori di sperimentazione alla BASF proseguivano. Si scoprì che il migliore materiale per la realizzazione del nastro, come base per lo strato magnetico senza causare il ritiro del supporto e che resistesse allo strappo, aveva una composizione simile a quello delle pellicole safety AGFA.
Nel 1935 AEG presentò alla Fiera radiofonica di Berlino il Magnetophon K1 (K sta per koffer, valigia, ossia trasportabile). Il successo fu enorme, ma lo stand andò a fuoco. Fu realizzato un secondo prototipo, lavorando giorno e notte, che fu pronto per gli ultimi giorni della fiera (Fig. 9).
Il Magnetophon K1 venne proposto commercialmente al prezzo di 1350 DM, l’equivalente di circa 3500 € nel 2020.3 La BASF si preparò subito per produrre il nastro su larga scala. Questo era costituito da una base in acetato di cellulosa larga 6,5 mm. e spessa 30 µm. sul quale era distribuito uno strato di una mistura viscosa con polvere di ferro-carbone spessa 20 µm., queste misure rispettano praticamente le stesse specifiche del nastro professionale moderno. La velocità di produzione era limitata a 3 m. al minuto.
Nel 1936 la BASF sostituì il rivestimento in ferro-carbone con un nuovo tipo in ossido di ferro , già menzionato nel brevetto di Pfleumer.
Il primo test formale del Magnetophon fu la registrazione del concerto diretto da Sir Thomas Beecham e la London Symphony Orchestra a Ludwigshafen nel 1936.
Il nuovo medium fu subito adottato dall’esercito tedesco con fini spionistici. La versione militare venne denominata Tonschreiber (registratore di suoni) e sviluppata in più versioni. Il Tonschreiber B aveva una velocità del nastro variabile da 90 mm/sec a 1,2 m/sec ed era dotato di una quadrupla testina rotante che consentiva di riprodurre un suono a velocità diversa da quella di registrazione senza alterarne l’altezza.
Anche il servizio radiofonico tedesco RRG (Reichs Rundfunk Gesellschaft) si dotò delle nuove macchine implementate da AEG allo scopo. Il salto di qualità avvenne nel 1940 in un laboratorio durante una prova: accidentalmente uno degli amplificatori iniziò ad oscillare inviando la frequenza di oscillazione alle teste di cancellazione e registrazione. L’ingegnere Walter Weber si rese subito conto dei miglioramenti in fatto di contenimento della distorsione che questo incidente aveva causato. Il Magnetophon ora divenne il migliore dispositivo di registrazione al mondo e la sua superiorità fu a tutti chiara in una mostra di Berlino nel 1941. Allo stand AEG-RRG, per la prima volta nella storia, una registrazione sonora poté essere effettuata con 60 dB di gamma dinamica coprendo uno spettro compreso tra 50 Hz e 10 KHz, decretando la nascita dell’alta fedeltà.
Nel 1942 AEG e BASF cofondarono la Magnetophon Gmbh e i ricercatori AEG-RRG sperimentarono la registrazione stereofonica. Lo sfondamento avvenne nel 1943 con la presentazione del Magnetophon K7, una macchina allo stato dell’arte che faceva uso, per la prima volta, di motori sincroni (la cui velocità dipende dalla frequenza di rete) e che raggiunse una accuratezza acustica mai sentita.4 Ne venne realizzata una versione stereo ma non entrò mai in produzione e, a causa delle pressioni della guerra e del caos conseguente, la sperimentazione della stereofonia non riprese che alla fine degli anni Quaranta (Fig. 10).
Alla fine del 1944 gli stabilimenti AEG Magnetophon furono pesantemente bombardati e la produzione si interruppe bruscamente.
A partire dal Magnetophon
Alla fine della guerra, nel 1946, Eduard Schuller e la sua squadra si trovarono ad Amburgo per ricostituire la Magnetophon Gmbh, principalmente con lo scopo di riparare e sottoporre a prova i registratori delle emittenti radiofoniche. Nel 1948 iniziò la produzione del Magnetophon K8, anni in cui Schuller si trasferì a Berlino per ricoprire il ruolo di capo del dipartimento di ricerca della Telefunken, divenuta una sussidiaria della AEG nel 1941. Nel 1952 venne lanciato il Magnetophon T9, un cavallo di battaglia in tutte le stazioni radiofoniche e studi di registrazione della Germania. La produzione proseguì in seguito nei settori professionale e consumer fino agli ultimi anni della registrazione analogica, sempre mantenendo il nome Magnetophon. Il 1° aprile 1989 l’area commerciale Magnetophon fu venduta alla società Studer (Fig. 11).
Nel luglio del 1945, Jack Mullin, un ingegnere elettronico assegnato all’ U.S. Army Signal Corps di stanza nella Germania occupata, riuscì a trovare una risposta alla sua domanda su come i tedeschi potessero trasmettere programmi ventiquattr’ore al giorno comprendendo palinsesti di intere sinfonie, trasmesse nelle ore notturne senza interruzioni e con una fedeltà così elevata che non poteva essere stata registrata, almeno con i metodi fino ad allora conosciuti. Durante una missione che aveva lo scopo di indagare su un sistema tedesco di trasmissione dell’energia ad alta frequenza, la quale avrebbe potuto spegnere i motori degli aerei nemici in volo, Mullin incontrò un ufficiale inglese con il quale si intrattenne parlando di musica e registrazioni. L’ufficiale parlò con entusiasmo dei registratori usati presso gli studi di Radio Francoforte, ma Mullin, che si era imbattuto in alcuni registratori con BIAS a corrente continua, cioè come prima della scoperta di Weber, non gli diede peso. Dovendo ormai rientrare per raggiungere la sua unità a Parigi, si trovò di fronte alla proverbiale biforcazione: a destra per Parigi e a sinistra per Francoforte. Scelse di andare a Francoforte e, come disse in seguito, fu la più saggia decisione della sua vita. La stazione radio si trovava a Bad Nauheim, una cinquantina di chilometri a nord di Francoforte, locata in un castello per sfuggire ai bombardamenti della città. Quando la raggiunse, Mullin chiese ad un operatore di fargli ascoltare il Magnetophon. Nel momento in cui il nastro iniziò a scorrere davanti alle teste magnetiche, egli non avrebbe saputo dire se si trattava di un’esecuzione dal vivo oppure di una registrazione. Non c’era alcun rumore di fondo. In seguito, l’uomoottenne quattro Magnetophon K4 con BIAS ad alta frequenza e li inviò negli Stati Uniti smontati e posti in trentacinque pacchi, poiché il Ministero della guerra impediva ai militari di appropriarsi di souvenir di grosse dimensioni. Nel 1946, dopo aver riassemblato i registratori, Mullin diede in America, a San Francisco, la prima dimostrazione pubblica della loro qualità professionale.
Tra il pubblico si trovava l’ingegner Harold Lindsay, un appassionato di audio, che in seguito avrebbe lavorato come consulente per la Ampex, un’azienda che produceva motori e generatori per l’esercito. La Ampex era alla ricerca di nuovi prodotti da mettere in produzione dopo la guerra. Lindsay propose un registratore professionale basato sull’ AEG Magnetophon K4 che, come dimostrato da Mullin, potesse venire usato nelle stazioni radiofoniche. Mullin venne chiamato per una dimostrazione interna e il progetto venne avviato. Lo sviluppo dell’Ampex Model 200 si basò sulla tecnologia del Magnetophon; fu il primo registratore americano concepito per il severo uso professionale. Nel 1947 venne presentato a Bing Crosby, il quale, entusiasta, ne divenne il distributore ufficiale. Alla fine del 1948 ne erano stati venduti 112 esemplari (Fig. 12).
La Ampex alla fine degli anni Cinquanta sviluppò la tecnologia multi-traccia e acquisì un’industria per la produzione di nastri in proprio. Nel 1956 esordì il primo registratore video a teste rotanti, il VR-1000, con nastro da 2”. Nel 1968 commercializzò il primo registratore a 16 tracce del mondo: anch’esso utilizzava nastro da 2”. La Ampex abbandonò la produzione di registratori professionali su nastro nel 1983.
1 Si veda http://cs-exhibitions.uni-klu.ac.at/index.php?id=220
2 Si veda http://www.orbem.co.uk/tapes/ms.htm ,liberamente tradotto dall’autore.
3 Dato rilevato da http://www.lawyerdb.de/Inflationrate.aspx
La voce del padrone. Fonografia e potere
Il mio rapporto con la registrazione magnetica
Il mio primo ricordo di un registratore a nastro va a un periodo storico in cui la cosiddetta negritudine andava di moda e la radio proponeva ampi repertori di musica soul e funky. Andavo ancora all’asilo.
Mio padre mi portava spesso da un suo amico, Orfeo, il quale suonava la chitarra in un complesso chiamato “Le anime nere”. Le prove di questo gruppo si svolgevano nella soffitta di Orfeo e, quando andavamo là, io mi accucciavo vicino al batterista. I suoni della batteria mi rapivano, si impossessavano di me, tanto che divenne il mio strumento.
Vicino al batterista si trovava un registratore a nastro, un Radiomarelli RM12. Io, quindi, mi collocavo tra il batterista ed il registratore. Alcune volte mi si chiedeva di azionarlo. Mio padre, all’epoca, gestiva un negozio di elettrodomestici ed un laboratorio di riparazioni radio-TV. Un giorno mi regalò un registratore come quello di Orfeo, il mio primo registratore.
Utilizzai il registratore per riprendere qualsiasi cosa: il canto degli uccelli, quello della mamma, le conversazioni familiari, la musica dei dischi, brevi recite, barzellette. Quell’oggetto era magia: si potevano raccogliere i suoni e riprodurli dopo che erano scomparsi. L’effetto scenico, poi, era qualcosa che mi emoziona ancora: le due bobine in rotazione con il nastro che si svolge dall’una all’altra, prima catturando e poi restituendo le sensazioni sonore, davano alla macchina un aspetto da strumento scientifico.
Ho sempre posseduto un registratore a nastro. Quando pubblicai il mio primo disco, “Phil’s feelings” nel 2012, uno dei brani contenuti era “Il paese dei balocchi”. Questo brano, arrangiato per quartetto jazz, è una mia composizione risalente a quando avevo otto anni, cioè al 1973, e che avevo salvato su una bobina di nastro proprio a quel tempo. Quel nastro esiste ancora ed emerse da qualche scatola polverosa nel periodo in cui stavo lavorando al disco. Il motivo inciso è fischiato da me, che non disponevo ancora di competenze e strumenti musicali. Ascoltandolo a distanza di tanto tempo, la commozione fu tale che decisi di salvare quella memoria in un nuovo formato, quello del mio quartetto1.
Se non avessi potuto disporre di un registratore, quel brano sarebbe rimasto sotto forma di particelle magnetiche avvolte a spirale in una bobina di plastica e, forse, non lo avrei più ricordato.
Mi piace ancora accendere ed ascoltare i miei registratori, ed anche altri dispositivi audio, di epoche passate. Sono dispositivi ingombranti, pesanti e che richiedono perizia. Stupiscono per la loro fedeltà ed il calore del loro suono.
C’è stata un’epopea, quella dell’alta fedeltà analogica, iniziata con il registratore a nastro e finita sempre con il registratore a nastro, l’ultimo dei quali fu il TEAC X2000R: realizzato per il mercato consumer ma con caratteristiche professionali, è uscito di produzione nei tardi anni Novanta. Fino a quel momento in ogni casa c’era un rack composto da apparecchi che costituivano una catena immancabile.
Le nuove generazioni ne ignorano l’avvenuta esistenza, nati e cresciuti con il suono sintetico dell’I-pod. Nel migliore dei casi hanno a che fare con scatolotti compatti che degli intenti dell’alta fedeltà non hanno nulla, e ne misurano l’efficienza sonora in Watt, anziché in Decibel, quasi si trattasse di ferri da stiro.
Il luogo ultimo dove ascoltare oggidì un suono ad alta fedeltà, escluse alcune sale private di audiofili e digitale questa volta, è la sala cinematografica, così come negli anni Trenta e Quaranta era sempre il cinematografo a disporre dei mezzi di trasduzione più fedeli. In quel luogo, di cui ne esistono ancora un certo numero non profanati dalla vendita di pop-corn e bibite, è possibile vivere quella vibrazione che il suono riesce a dare quando ci si è immersi, e non arriva, invece, solo alle orecchie.
Karlheinz Stockhausen aveva immaginato il luogo ideale dove ascoltare musica come una grande sfera rivestita internamente di altoparlanti. Il pubblico si trovava sospeso al centro su una piattaforma, completamente immerso nel suono, il quale arrivava da sopra, sotto, davanti, dietro, destra e sinistra. Il cinema del futuro potrebbe essere proprio così, una immersione totale e sferica nel suono e nell’immagine.
Il cinema del futuro, da bambino, era costituito da un proiettore Super 8 muto e dal fedele registratore a nastro su cui mi divertivo, con fratelli ed amici, ad inventare i dialoghi del filmato, cambiando in parte il senso della narrazione, il tutto con la sincronizzazione propria dell’improvvisazione spontanea. Poi si rivedeva il filmino ascoltando dal registratore i dialoghi appena inventati. Al tempo certi giochi non erano comuni e l’occasione diventava, per tutti noi, una festa, il cui culmine arrivava con la torta che mia mamma ci aveva preparato.
In seguito, possedetti diversi registratori a bobina aperta, tra professionali e semiprofessionali, ma un giorno decisi che nella mia “wunderkammer” non volevo macchine transistorizzate. Tutt’ora, nella mia collezione, gli apparecchi e le macchine a stato solido rappresentano una ristretta minoranza.
Il Magnetophon AW2 che ora possiedo, oggetto preso qui in analisi, fu visto da me in un’asta on-line, in condizioni non certo confortanti, ma, proprio per questo motivo, non ebbi concorrenti nel rilancio del prezzo. Si trovava in una cittadina dell’ex DDR, di cui non ricordo il nome. Lo stesso venditore non era interessato a ricavarci più di tanto. Mi aggiudicai il registratore, il quale arrivò tramite corriere senza nemmeno un imballo per proteggerlo durante il trasporto.
Da quel momento iniziò la ricerca di quanta più documentazione riuscissi a trovare, per capire esattamente su che cosa avrei messo le mani. Il primo documento che cercai e trovai fu lo schema elettrico, perché desideravo assolutamente rimetterlo in condizioni di funzionare. Il restauro completo durò diversi anni, ogni parte venne smontata, pulita, ricondizionata2. Questo genere di attività richiede pazienza, attitudine, competenza, consapevolezza e manualità. Nel mio caso non fu continuativa, ma saltuaria e periodica. Procedetti per gradi, dando la priorità alla parte elettronica, secondo l’idea che con l’elettronica in ordine mi sarebbe stato più facile effettuare le tarature, come quella relativa all’azimuth o a quella di pre e post compensazione. Poi scopersi la geniale soluzione di utilizzare una valvola per due funzioni diverse. Come visibile nello schema (Figura 1), vi è una serie di commutatori uniti da una linea tratteggiata, il che significa che sono azionati da un unico comando. Nella posizione A la valvola EL42 assume la configurazione di oscillatrice BIAS a 60 KHz, mentre nella posizione W essa assume la configurazione di amplificatrice di bassa frequenza.
La macchina ora manca di alcuni dettagli estetici, nello specifico le targhette per l’identificazione delle regolazioni sul pannello frontale dell’elettronica, ma è perfettamente funzionante. È abbinata ad un amplificatore coevo, il Philips EL6420 del 1952. Insieme gratificano il mio orecchio e destano curiosità e stupore in quanti mi fanno visita, siano essi appassionati di audio oppure no. Ancora adesso, dopo tanti anni, mi dà emozione.
BIBLIOGRAFIA
BIONDO G., PIVETTA F., SACCHI E. (1989), Riproduzione sonora HI-FI, Hoepli, Milano.
DANIEL, E. D.; MEE C. D.; CLARK, M. H. (1998); Magnetic redording: the first 100 years, John Wiley & Sons, USA.
RAVALICO, D. E. (1952), L’audio libro, Hoepli, Milano.
S.N. (1950), Bedienungsanweisung fur das H.F. Magnetophon Type AW2, AEG, Hamburg.
SITOGRAFIA
de.wikipedia.org/wiki/Magnetophon
de.wikipedia.org/wiki/Datei:Telefunken_Magnetophon_T9.jpg
www.historyofrecording.com/Magnetic-Tape-Recorders.html
history-computer.com/ModernComputer/Basis/tape.html
https://it.wikipedia.org/wiki/Valdemar_Poulsen
1 Si ascolti: https://www.youtube.com/watch?v=lBZr0OSNuNk
2 Si veda: https://www.youtube.com/watch?v=lBZr0OSNuNk