Radici analogiche
Gli Home Movies come tracce dell'identità familiare
Bauer C1M Super / S8mm
NOME FONDO | Collezione privata Giulia Dussich |
PROPRIETARIO | Vitolovich N. |
IDENTIFICATIVO | 00000001 |
LOCALIZZAZIONE | Italia |
TIPOLOGIA DEL SITO | Abitazione privata |
SPECIFICHE | Soggiorno, I piano |
COORDINATE | 45.416369 13.657873 |
DATA DI REPERIMENTO | 5/05/2020 |
AUTORE DELLO SCAVO | Acquavita G. |
DEFINIZIONE | Cinepresa |
TIPOLOGIA | Reflex |
CATEGORIA | Ottica |
ANNO | 1967-1971 |
MARCA | Bauer |
MODELLO | C1 M |
N. SERIE | - |
MISURE E PESO | 6 cm (L)x 17 cm (H)x 22 cm (P) /735 gr |
La collezione
A completare lo scavo, due pellicole invertibili s8mm girate con la C1M Super da mio nonno con la supervisione del cognato, ambedue amanti dei semplici piaceri della quotidianità familiare da registrare e condividere. Rappresentano eventi significativi della quotidianità della mia famiglia, in particolare il viaggio e la festività. Il reperto numero uno, intitolato Avala-Dubr.-Krka, è il viaggio fatto dai miei nonni nel 1975, assieme ad altri membri della piccola Comunità degli italiani di Buie, che percorre la Jugoslavia e specificatamente quattro luoghi simbolici: la collina di Avala vicina alla capitale serba, il campo di concentramento di Jasenovac, la città di Dubrovnik e il parco nazionale Krka. La seconda pellicola è La festa dell'uva: al suo interno la felicità e la gioia delle giornate dell'annuale e tradizionale festa buiese. Manifestazione folcloristica, tutt’oggi esistente, che si celebra a metà settembre in occasione dell'inizio della vendemmia attraverso balli, canti, giochi e sfilate dei trattori addobbati.
Radici analogiche. Gli Home movies come tracce dell'identità familiare
di Giulia Dussich
L’atto meccanico della cinepresa imprime il movimento e salva una parte di storia, un evento che continuerà ad aver vita propria. Il cinema come settima arte e come spettacolo può creare opere meravigliose e mondi immaginari attraverso il montaggio e l'uso di effetti sonori e visivi. L’atto cinematografico è invece rilevante in sè, poiché documenta anche i più semplici accadimenti della vita quotidiana.
Lo sguardo fissato su località, individui e oggetti, colti nel loro mutamento ma anche nel loro implicito deperimento assegna al film una doppia natura; da un lato effimera, illusoria e dall'altro durevole. In un periodo storico in cui la catastrofe pandemica ha accresciuto il sentimento di incertezza verso il futuro, fotografie e film possono confortare lo stato d'animo delle persone sospese in questa situazione di isolamento e distanziamento forzato.
Con la consapevolezza di non poter controllare la manifestazione degli eventi, il nostro compito è sia di documentare lo svolgimento di questo periodo storico, sia di conservarne le tracce storiche rilevanti, quali i film, le fotografie, gli strumenti che hanno consentito a chi è venuto prima di noi di testimoniare il proprio differente tempo storico e quotidiano.
Il film è così qui considerato nella sua ‘natura’ di fonte che, nonostante la consapevolezza dello statuto ambiguo di ogni documento, accresce la nostra conoscenza storica. Diviene essenziale conservare materiali quali i “film di famiglia”, poiché si pongono come strumenti e testimonianze significative di una società individuata nei suoi caratteri e particolarità.
Questi materiali sono raccolte di storia, fenomeni identificativi, archivi in movimento che molto spesso vengono sottovalutati. Ciò nonostante, si dimostrano un’eccezionale antidoto e vaccino, stimolando moti affettivi, intellettuali e di ricerca storica ed estetica.
Questi meccanismi durante la quarantena, dovuta alla pandemia mondiale Covid-19, mi hanno portato a dare nuova importanza alla cinepresa Bauer C1M Super e alle pellicole Super 8 di proprietà della mia famiglia. Il recupero della cinepresa da un armadio impolverato nel seminterrato di mio nonno, ha smosso in lui particolari ricordi e sensazioni, motivo per cui ha deciso di affidare a me la sua conservazione.
Il gesto di trasmettere la macchina, che ha accompagnato per diverso tempo la sua vita, mi è risultato chiaro soltanto dopo la visione delle due pellicole girate con la stessa. Due "filmini" di famiglia: pellicole che ripercorrono momenti intimi e importanti con i propri cari.
Si tratta di frammenti di memoria di un passato sereno che esortano ad aver fiducia nel futuro e nel ritorno alla normalità. Queste pellicole prese da me in analisi hanno raggiunto un carattere che va oltre a quello intuitivo ed evidente manifestandosi, infatti, come immagini sensibili ed empatiche.
Radici analogiche. Gli Home movies come tracce dell'identità familiare
Oggetto dello scavo è la BAUER C1M Super, cinepresa disegnata dall’omonima azienda, in produzione dal 1968 al 1971. Fu pensato quale strumento relativamente piccolo, maneggevole e semplice all'uso (Fig. 1a, 1b, 1c, 1d). Il design la contraddistingue: corpo metallico con rifiniture in pelle e il supplemento della valigetta sempre in pelle, evidenziano l'eleganza del dispositivo e la linearità dell’oggetto (Fig. 2).
Con l’ausilio di queste tipologie di macchine, forte della maneggevolezza, è stato realizzato nel corso degli anni Settanta e Ottanta molto girato amatoriale, soprattutto da studenti, artisti e liberi professionisti; spaccati di vissuto che tutt’oggi narrano ancora storie. Tale tipologia di girati si alimenta per l’introduzione nel mercato di formati ridotti, safety e invertibili, di proiettori domestici, ma ancor più per l’esigenza di immortalare momenti del privato. Ecco che lo sguardo che riprende non ha sinossi da seguire né tanto meno regole del linguaggio cinematografico da rispettare.
A completare lo scavo sulla C1M Super, due pellicole invertibili girate con la cinepresa da mio nonno, con la supervisione del cognato, ambedue amanti dei semplici piaceri della quotidianità familiare da condividere, salvare e riguardare. Grazie alla possibilità di toccare con mano le due bobine, aperte le scatole originali Kodak che ancora le contengono, posso affermare sin da un primo sguardo si tratti di pellicole Super 8 millimetri, vista la forma delle perforazioni, in acetato ininfiammabile dedotto dalla scritta che compare al lato del mascherino Kodachrome1 safety. Tipo di formato apparentemente molto simile a quello della 8 millimetri che fino al 1965, anno di presentazione del formato Super8 dalla Kodak all’Esposizione Fotografica Internazionale di New York, aveva raggiunto grande diffusione. La pellicola offre novità come, innanzitutto, la grandezza dei fori che si presentano molto più piccoli, dando così maggior spazio al quadro di proiezione; inoltre è introdotta in dei caricatori che permettono di rendere molto più semplice e automatico il suo inserimento nella cinepresa. La lunghezza di entrambi i reperti è di circa 15 metri, che corrisponde pressappoco a 3 minuti di visione; si tratta di pellicole invertibili, intuizione derivata dalla colorazione scura del nastro, cioè di materiali il cui tipo di emulsione, una volta sviluppata, permette di ottenere l'immagine positiva senza passare per il procedimento negativo-positivo.
Il reperto numero uno intitolato Avala-Dubr-Krka è la riproposta del viaggio fatto dai miei nonni, con diversi soci della piccola Comunità degli italiani di Buie, per la Jugoslavia nel 1975. Il viaggio presenta specificatamente quattro simboli del territorio jugoslavo: la collina di Avala vicina alla capitale serba, il campo di concentramento di Jasenovac, la città di Dubrovnik e il parco nazionale Krka. Il passaggio dal sud-est della Croazia centrale, al nord est della Serbia, per concludere con la costa Dalmata, si presenta come una piccola celebrazione dei simboli caratteristici del territorio di quel tempo. La pellicola in questione, come già accennato, si compone di circa 15 metri a cui però è stata aggiunta una specifica pellicola protettiva bianca, mediante della colla, in modo da poter preservare al meglio questa memoria plastica (Fig. 3). Grazie a queste attenzioni di mio zio, nei confronti delle sue collezioni di testimonianze familiari, si presenta ancora come una pellicola in ottime condizioni. Si riscontra, perciò, tanto questo legame tra i soggetti all’interno del gruppo di avventura, quanto il legame con il territorio, dovuto alla proprietà dell’atto di visitare luoghi fino a quel momento non conosciuti, che si sviluppa sulla meraviglia e lo stupore di visioni nuove, ma in questo specifico caso, anche all’ampliamento della propria conoscenza nazionale.
Un documentario amatoriale che permette di vedere siti archeologici, monumenti e località; tutto ciò attraverso una visione indiretta caratterizzata dal calore familiare che si presenta come protagonista della narrazione filmica.
La seconda pellicola è intitolata La festa dell'uva: presenta la felicità e la gioia delle giornate dell'annuale e tradizionale festa buiese (Fig. 4). Manifestazione folcloristica, tutt’oggi ripetuta, che si celebra a metà settembre in occasione dell'inizio della vendemmia attraverso balli, canti, giochi e sfilate dei trattori addobbati. Gesti intrinseci delle abitudini di tutte le famiglie buiesi da ormai più di cent'anni. Tradizioni locali sostenute da ogni generazione della mia famiglia per il valore identitario che queste promuovono. La pellicola, in buone condizioni, presenta un taglio finale di circa 1 metro, dovuto probabilmente a una scena mal eseguita o esposta a una errata luminosità, di cui purtroppo non ho avuto ulteriori informazioni poiché probabilmente andata perduta. In ogni caso, attraverso questi minuti di visione si manifesta al meglio la coesione dei cittadini, durante questi riti sociali, che si precipitano lungo le strade a esprimere la propria identità sociale. Riprese perciò di piena spensieratezza all’interno della propria città, del proprio ambiente conosciuto.
Una nazione in cui scoprire una grande varietà di pietanze, lingue, abbigliamenti, usanze e località: tutti sinonimi di una società dalla grande vitalità culturale da scoprire e conoscere grazie anche a questo tipo di testimonianze.
1 Kodachrome è il marchio di produzione di pellicole a colori della Eastman Kodak, che ebbe grande successo commerciale sin dal 1935, anno di immissione sul mercato di questo prodotto. Cfr.https://en.wikipedia.org/wiki/Kodachrome
Radici analogiche. Gli Home movies come tracce dell'identità familiare
Tracce per una storia della cultura materiale: alle origini del corpo
Se durante gli anni Sessanta la penisola italica conobbe un boom economico, la vicina Croazia, sotto la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, era ancora alla ricerca di una maggior autonomia economica, politica e culturale rispetto alla supremazia serba. Molti gli intellettuali, i letterati e gli operatori culturali che si batterono, a esempio, per la valorizzazione e la difesa della lingua e della cultura croata: un primo passo per restituire una nazionalità al proprio territorio. Presero avvio da tali presupposti la "Hrvatsko proljeće", la Primavera Croata, movimento che proseguì fino ai primi anni Settanta attraverso manifestazioni e proteste per la democratizzazione e la decentralizzazione dell'economia statale, primo tentativo di emancipazione nazionale croata in un contesto universitario e studentesco.
Le limitazioni dell’industria croata condussero sempre più i cittadini della penisola istriana a fare acquisti in territorio italiano, e in particolar modo nella città di Trieste. La storia della cinepresa amatoriale Bauer C1M Super di cui sono in possesso inizia proprio qui, acquisto di mio nonno fatto a Trieste nel finire degli anni Sessanta. La legge statale croata ne impedì però l’accesso in quanto acquisto sopra la cifra consentita: la cinepresa fu introdotta quindi nel paese solo alcuni mesi dopo da parenti triestini giunti in visita.
Tra le macchine da ripresa prodotte all’epoca, la Bauer si ricorda ancora come azienda capace di produrre oggetti economicamente accessibili, di qualità ottima e di facile uso. La storica azienda si occupava esclusivamente della produzione di strumenti per lo sviluppo di materiali visivi senza particolare concorrenza dal 1905, anno di fondazione presso Stoccarda, alla fine degli anni Ottanta, quando fu piegata dal mercato del digitale. Nel 1938 si impose nel mercato con la produzione di materiali adatti al cinema amatoriale 8mm, arrivando alla fine degli anni Sessanta a sviluppare cineprese Super 8 millimetri1. Uno dei primi modelli fu proprio la Bauer C1M Super.
Immagini amatoriali di un’identità di famiglia
I due girati si inseriscono a pieno titolo nella categoria del cinema amatoriale: l’attenzione principale non è quella di rispettare il linguaggio e le regole cinematografiche. In particolare, la pratica cine-amatoriale realizzata si può inscrivere nel contesto del film familiare, in quanto la configurazione è riconducibile principalmente a un impulso di autorappresentazione da parte di mio nonno e del cognato.
Il cinema di famiglia è caratterizzato da immagini dotate di un forte carattere privato. Il principale motivo che muove il cineamatore a produrre tale materiale girato è, stimolato dall'ambiente che lo circonda, poter immortalare momenti di condivisione, affinché diventino ricordi da rivedere e tramandare. Rieccheggia la definizione che Roger Odin da di home movies, ovvero girato «realizzato da un membro della famiglia a proposito dei personaggi, degli eventi o degli oggetti legati in un modo o nell'altro alla storia di quella famiglia ed a uso privilegiato di quella» (Cati, 2009, p.6).
Nella lettura di Alice Cati sui tre fattori che fanno dei registi di filmini di famiglia cineasti amatoriali, riconosciamo i principali elementi che caratterizzano tale tipologia di regia: dal punto di vista tecnologico fanno uso di dispositivi specifici non professionali, in secondo luogo, da un punto di vista testuale, lavorano alla produzione del film in modo autonomo, senza l'avvicinamento ad esempio di un tecnico del suono o di un montatore, e in fine, l'ultimo punto riguarda la visione di questi girati, che verranno consumati da una cerchia ristretta e nella maggior parte dei casi al proprio nucleo familiare (cfr. Cati, 2009, pp. 6-8).
La mancanza di montaggio e di rielaborazione dei filmati fa sì che la narrazione non ha un inizio e una fine ma si tratta perciò di frammenti di storia. Questa peculiarità del cinedilettantismo evidenzia il bisogno fondamentale dell’autore amatoriale di imprimere quel preciso attimo, per lui significativo, in modo veloce ed efficace. Oggi, nell'era del digitale, abbiamo la possibilità di salvare anche i momenti più insignificanti grazie alle tecnologie avanzate, che ci forniscono una grande quantità di memoria da poter utilizzare, ma nel cinema analogico, con la consapevolezza della breve durata delle pellicole, si andava a impressionare i momenti anche più semplici. Si trattava di momenti, che influivano sull'autore a tal punto da manifestare in lui la pulsione di riprenderli. Ogni pellicola nasce in modo libero e dilettevole, con la funzione di a creare dei ricordi fissi e plastici, da salvaguardare, riguardanti momenti e persone a cui è affezionato il cinedilettante. Per questo motivo si può intravedere nei girati amatoriali un livello di soggettività, poiché si tratta di una scelta del regista di filmare un determinato evento, soggetto o ambiente rispetto ad un altro. É una pratica fluida e autentica, caratteri comuni e singolari che si percepiscono dagli sguardi in camera dell'oggetto ripreso che socializza con l'autore, la spontaneità dei gesti e dagli ambienti dal valore identificativo ed evocativo.
Lo spazio è spesso legato alla storia familiare, perciò si tratta di ambienti conosciuti, intimi e privati come ad esempio la casa e le vie della propria città. La pellicola Nr.1 Avala-Dubr-Krka si svolge, contrariamente, in luoghi, che seppur simboli nazionali, estranei alla quotidianità dell’autore e dei soggetti ripresi, perciò ambienti nuovi da visitare e conoscere che portano grande entusiasmo.
Il cinema di famiglia appare come frammenti di storia scomposti, poiché non sono storie con consequenzialità, ma pezzi di vita da cui si possono dedurre informazioni di contenuto. I ritratti proposti assolvono a una precisa funzione sociale, quella che Alice Cati restituisce come celebrazione di una coesione di gruppo e di legami affettivi: carattere ancor più accentuato dalla presenza-assenza di chi riprende, attento a immortalare quello che lo circonda ma ovviamente, per impedimenti tecnici, non il proprio volto. In un secondo livello, la presenza è data dalla macchina da presa quale prolungamento del braccio e dell’occhio dell’operatore, nonché delle emozioni che muovono la ripresa. La manifestazione emozionale va a costituire, insieme alla memoria visiva, un vocabolario privato affettivo di luoghi e relazioni sociali.
Difatti queste immagini forniscono anche elementi di identità sociali. Si asserisce infatti un duplice canale: da un lato si manifestano come testimonianze, che si presentano in modo vivido quali informazioni di un periodo storico non sempre definibile; dall'altro sono materiali sensibili ed empatici, che provocano la curiosità dello spettatore nel leggere un’epoca, a partire proprio dallo studio di una quotidianità.
Il valore socio-culturale delle immagini di famiglia
Boleslaw Matuszewski, operatore cinematografico e fotografo polacco, scrisse che «nessuna descrizione, anche se provenisse dalla penna più abile ed esperta, saprebbe avere la rigorosa esattezza della Fotografia animata» (Grazzini, 2004, p.75). Come già, alla fine dell’Ottocento aveva compreso Matuszewski, questo tipo di materiale sensibile sarà di grande importanza per lo sviluppo scientifico e storico, poiché ci restituisce ciò che la semplice memoria non può far rivivere. Le immagini in movimento, caratterizzate da un'indiscussa validità delle informazioni, ci introducono in modo spontaneo nell'epoca visionata e nella società rappresentata.
Non si tratta di ricordi fantasma ma immagini materiali. L'eredità culturale che si manifesta attraverso gesti, usi, oggetti e ambienti ha grande valore per la società che rappresenta in quanto parla di intersoggettività, di un sentire comune. I girati quali fenomeni concreti e visibili che vanno tramandati alle posteriorità poiché narrano anche di una cultura sociale: sono espressioni che presentano la composizione di un gruppo. La possibile dimenticanza di questi gesti in continuo mutamento, di momenti che appena vissuti sono già forme del passato, rende necessaria una loro trasposizione fisica poiché testi colmi di informazioni da decodificare.
Le immagini da me trattate, sviluppate da dispositivi analogici, non possono rappresentare l'essenza di quell’evento passato ma possono imbalsamarlo in modo da poter sottrarlo dalla sua morte dovuta allo scorrere del tempo. «La Cinematografia di famiglia appartiene al futuro, se non già all'oggi. […] E quelli saranno i veri archivi di famiglia, quelli che molto più tardi consentiranno di rivedere il modo di vivere; le abitudini particolari e i cari scomparsi» (Grazzini, 2004, p. 87).
L'immagine analogica è una traccia materiale, fisica, toccabile poiché ciò che è stato mirato dall'obbiettivo va a imprimersi su un supporto pellicolare. Questo sviluppo chimico rappresenta un diretto rapporto di contiguità fisica del materiale pellicolare con la realtà ripresa dall'obbiettivo. Oltre a questo parametro fisico, ciò che viene impresso e successivamente rivisto, ha un rapporto di somiglianza con ciò che l'autore ha ripreso, dando così alle immagini il valore di icone. Secondo Alice Cati, questa visione dal punto di vista semiotico rende i film icone indicali (Cfr. Cati, 2009, pp 46-58). Questa duplice composizione del materiale mediale, lo rende una forma di conservazione stabile che ci permette di esteriorizzare le memorie da noi vissute. Perciò attraverso la composizione di un “atto segnico”, cioè attraverso la memorizzazione, possiamo esaminare e analizzare il “valore-segno”, cioè gli elementi e i dati di cui queste immagini si compongono. Attraverso queste considerazioni non si tratta semplicemente di una traccia materiale, quella delle immagini in movimento, ma di una vera e propria traccia sociale e culturale.
1Per le differenze tra le due pratiche di registrazione si rinvia allo studio di Enrico Costa e in particolare il capitolo primo ‘Quale cinepresa comprare?’, in COSTA, E. (1972), Filmare in 8 - S8, Hoepli, Milano.
pp. 35-50.
Radici analogiche. Gli Home movies come tracce dell'identità familiare
Oltre alla visione di immagini in movimento su uno schermo, le pellicole mi hanno portato a un collegamento soprattutto dal punto di vista tattile con quelle scene di diretta quotidianità, dandomi così una sensazione di avvicinamento ai soggetti familiari immortalati in quei segmenti di pellicola (Fig. 3e). «É la salienza del contenuto del ricordo a far sì che una cosa, un concetto, una persona siano indissolubili; la memoria si aiuta infatti grazie all'impatto emozionale che possono suscitare certe immagini associate alle cose» (Cati, 2009, p.169).
Immagini che possono avere dei significati nascosti che si manifestano inconsciamente nello spettatore. Non si tratta perciò solo di tracce di storia ma di visioni dal grande potere comunicativo e di mondi immersivi che possono emozionare.
Per questo motivo è mia intenzione non solo trattarli attraverso una composizione scritta, ma anche di valorizzarli e dare loro pregio, al di fuori del piccolo dell'ambiente familiare.
Il mio piano progettuale avrà inizio con il contattare l'Università popolare aperta di Buie in modo da poter usare questi frammenti, non solo di valore familiare ma anche di valore sociale, come tracce della storia della mia città, chiedendo il loro inserimento nel museo cittadino oppure nel loro uso per la promozione della Festa dell'Uva del 2021. Ciò perché quest’anno, per la prima volta dopo 113 anni, non verrà celebrato questo evento importante della cultura istriana a causa della pandemia mondiale che ci ha segnato. Questo proposito è orientato a una maggior messa in rilievo di queste riproduzioni straordinarie che a mio avviso possono estendere l’interazione anche con i gruppi più giovani, per la costruzione di una elaborazione collettiva e sociale di quelle memorie private che rendono evidenti le usanze che modellano la nostra identità.
Le pellicole cinematografiche presentano un'estetica vissuta e energica, immagini mosse, imperfette che rendono i ricordi rappresentati ancora più vividi e preziosi. Si tratta di uno stile dell’apparire che affascina per la sua singolarità, visioni non così comuni oggi giorno, che affascinano lo spettatore contemporaneo poiché situato in un’epoca i cui dispositivi tecnologici permettono di avere immagini limpide, perfette nella loro esposizione.
Perfette per un uso pubblicitario dell'evento. Ho pensato di usarle infatti per la produzione di grafiche “prototipo” per volantini e poster (Fig. 5a e 5b) da poter esporre all’Università popolare aperta di Buie, e un loro successivo uso nella pubblicizzazione dell’evento sui social media. Le immagini vengono corredate da una grafica attualizzante, secondo i linguaggi richiesti dalle piattaforme di comunicazione: ho pensato a lievi correzioni, motivi semplici in modo da presentare composizioni dal carattere familiare che però non vadano a compromettere l'autenticità di queste tracce. Per questo motivo l’attualizzazione di questi ricordi avviene attraverso l’uso di filtri, l’uso di colori basici, non troppo accesi affinché non contrastino con le tonalità pastello, specifiche di queste produzioni. Per esaltare le immagini originarie si opta per ritagli geometrici, che diano una cornice dallo stile essenziale. Composizioni grafiche tendenti a sguardi oggi ben conosciuti attraverso social network come Instagram e Facebook, che ormai si dimostrano tra i principali mezzi di conoscenza sociale di festività del genere: permettono di avere un raggio più ampio di divulgazione rispetto ai poster dislocati nella città. Si presenta come essenziale adattare queste immagini a visioni contemporanee senza però esagerare e straniare il carattere di questi ricordi di grande valore. Non è mia intenzione, preciso, quella di rivoluzionare e togliere l’essenza di queste immagini connotate da un forte carattere di tracciato storico.
Usando alcuni frame specifici della pellicola la Festa dell’uva, in cui si esplicita in modo autentico le usanze e la spensieratezza che questi riti sociali propongono, è mia intenzione come accennavo espandere questo tipo di estetica, oltre naturalmente al carattere di traccia socio-culturale, in un pubblico che magari non ha avuto modo di visionare questo tipo di immagini , o non sanno di avere simile materiale nelle proprie soffitte. Per questo motivo lo sviluppo in chiave attuale, sperando di incentivare in futuro a non sottovalutare sia le foto, sia le pellicole del passato, poiché tracce attive nello sviluppo di un archivio dell'identità familiare e sociale.
In conclusione, il mio compito è stato di dare una visione attuale di queste tracce, ma senza togliere a queste la grana che le caratterizza poiché si tratta di un segno contestualizzante di un determinato periodo: visioni plastiche dal senso documentaristico di valore sociale ma anche più strettamente familiare.
BIBLIOGRAFIA
CATI, A. (2009), Pellicole di ricordi: film di famiglia e memorie private (1926-1942), Vita e Pensiero, Milano.
COSTA, E. (1972), Filmare in 8 - S8, Hoepli, Milano.
GRAZZINI, G. (2004), La memoria negli occhi, Boleslaw Matuszewski: un pionere del cinema, Carocci editore, Roma.
ODIN, R. (1995), Le film de famille dans l’institution familiale, in ID. (éd), Le film de famille. Usage privè, usage public, Meridiens Klincksieck, Paris.
ZUCCONI, F. (2014), Dagli Home Movies al Found Footage Cinema. Sulle tracce della cultura visuale domestica, in ‘Lares’, vol. 80, n. 3.
SITOGRAFIA
https://hr.wikipedia.org/wiki/Hrvatsko_prolje%C4%87e
https://www.coloursofistria.com/it/eventi/gastronomia/festa-dell-uva
https://www.youtube.com/watch?v=UMtDcnK8p1c
crono.news/Y:2018/M:07/D:30/h:13/m:24/s:33/kodachrome-la-pellicola/