La storia, oggi
Vocalità e temporalità d'archivio.
UMF RUHLA
NOME FONDO | Collezione privata Venica Luca |
PROPRIETARIO | Venica L. |
IDENTIFICATIVO | 00000002 |
LOCALIZZAZIONE | Italia |
TIPOLOGIA DEL SITO | Abitazione privata |
SPECIFICHE | Cucina |
COORDINATE | 45.976684, 13.409486 |
DATA DI REPERIMENTO | 24/04/2020 |
AUTORE DELLO SCAVO | Venica L. |
DEFINIZIONE | Orologio |
TIPOLOGIA | Sveglia analogica |
CATEGORIA | Orologeria |
ANNO | 1952-1967 |
MARCA | UMF Ruhla |
MODELLO | - |
N. SERIE | - |
MISURE E PESO | 8 cm Diam.,9 cm (H),4 cm (P), 190 gr |
La storia, oggi. Vocalità e temporalità d'archivio.
di Luca Venica
I Media stabiliscono delle vere e proprie connessioni con la Storia. L’interesse nei confronti di un medium può essere quindi anche di natura storica, come se l’oggetto tecnico che lo incarna stabilisse un concreto collegamento con il tempo, come se tali oggetti fossero dei punti di riferimento saldi nella storia. Un legame che viene reso vivo anche e semplicemente dall’esperienza sensoriale che tale oggetto può suscitare: dall’odore, dal tatto, dalla sua forma. I media oltre ad avere una valenza storica possono ritenere dei legami affettivi.
Il progetto ha scaturito in me la volontà di riprendere fra le mie mani due oggetti, due dispositivi tecnici domestici, cui la mia famiglia attribuisce un’importanza affettiva e storica. Entrambi attestano delle specifiche incarnazioni passate (fra gli anni Cinquanta e Settanta del Novecento) di strumenti e applicazioni tuttora circolanti (un telefono, una sveglia). Entrambi sono ancora non solo funzionanti ma utilizzati e vitali nella abitazione, specie nel periodo del Covid-19.
In loro si può individuare una duplice dimensione: quella della vocalità e quella della temporalità. Durante questo periodo difficile di quarantena dovuta al Sars-Cov-2, queste due dimensioni subiscono un forte cambiamento. La dimensione della vocalità è accentuata, causa il distanziamento sociale.
L’utilizzo di mezzi di comunicazione come il telefono fisso ci rendono più vicini alle persone a noi care, permettono così di mantenere una relazione col mondo, di scambiarci notizie, informazioni importanti, anche solo per avere compagnia e far passare un tempo improvvisamente rallentato, una percezione che varia nell’individuale, ma che dipende da questa situazione in cui ci ritroviamo catapultati. Un telefono lento, pesante, che impone delle costrizioni nel suo utilizzo dato che non è di certo veloce e all’avanguardia quanto i nuovi dispositivi, ma rispecchia la realtà del momento, ferma, statica, resa animata solo da mezzi di comunicazione come il telefono rimasto e divenuto ancora più centrale nello spazio domestico e famigliare.
La dimensione della temporalità è quindi dilatata: gli orari non hanno più grande importanza, la nostra routine è cambiata, la valenza della scansione delle ore è meno fondamentale rispetto a prima. L’orologio mantiene sempre la sua funzione, in modo preciso, ma la nostra percezione di questa dimensione muta, condizionata dal cambio delle nostre vite; se fino a prima dell’isolamento la sveglia, oltre che a indicare il tempo, svolgeva la funzione di “marcatempo” (impostando un dato orario essa suonava ricordandoci qualcosa di importante nella nostra routine quotidiana), ora questa sua funzione è messa in “stand- by”, in attesa di essere riutilizzata quando si ritornerà alla normalità.
Il primo oggetto è un telefono prodotto dalla Zenith; è un dispositivo appartenuto ai nonni paterni fin dalla metà degli anni Cinquanta e di utilizzo quotidiano. Il telefono continua a funzionare e a essere adoperato in memoria dei nonni. Un dispositivo solo apparentemente obsoleto, ancora in condizione di svolgere la sua funzione e non percepito nella sua storicità materiale e nella sua forma datata e straniante dall’interlocutore all’altro capo del ‘filo’. Un medium che ha posto le basi della storia della comunicazione vocale; un medium “vecchio” ma ancora molto contemporaneo, cioè dotato di una sua genealogia.
Il secondo oggetto è un orologio-sveglia, di marca UMF Ruhla. Una piccola sveglia che continua senza sosta a scandire il tempo dagli anni Sessanta circa del Novecento, il periodo in cui fu acquistata. Un orologio comprato dal nonno materno principalmente come sveglia mattutina, marcatore del tempo quotidiano del lavoro.
La ragione dell’attenzione data a questi due oggetti tecnici, oltre alla centralità famigliare che già abitano e che testimonia la volontà del nucleo di conservare temporalità e oralità di lungo periodo, è data dal fatto che entrambi continuino a funzionare dopo tutti questi anni. Sono sia una testimonianza della durevolezza degli oggetti passati rispetto a quelli del nostro presente, sia della cura che i loro “conservatori” hanno loro dedicato. In particolare, la sveglia, con il suo scandire le ore e i minuti col suo ticchettio, è un’evidenza ineludibile di una presenza e di un legame “temporale” vitale con il nonno.
Per queste ragioni ho scelto questi oggetti per il mio archivio, distanti tra loro eppure con dei punti di congiunzione non trascurabili: un ticchettio che rende discreto e marca il paesaggio sonoro di questo tempo sospeso; una dimensione orale che va a compensare la noia, la solitudine e in certi casi la tristezza della dimensione temporale estremamente dilatata che caratterizza una nuova e quasi aliena esperienza di vita.
La storia, oggi. Vocalità e temporalità d'archivio.
L’ orologio Ruhla è una sveglia analogica a meccanismo manuale con ricarica a molla, il tutto contenuto in una scocca di ottone. Una sveglia di dimensioni contenute, dal peso di 190 grammi, 8 centimetri di diametro, 9 centimetri di altezza e 4 di profondità. Il materiale di cui è composta è perlopiù ottone, con delle parti in vetro e acciaio. Realizzata fra il 1952 e il 1967, è una sveglia semplice ma raffinata, che oltretutto si fa sentire nella sua scansione temporale con un ticchettio continuo. La struttura principale è formata da un anello di ottone il quale contiene e sorregge tutti gli ingranaggi che danno vita all’orologio.
Sul fronte è presente un vetro circolare che permette di vedere il quadrante bianco composto da cifre dorate luminescenti, le 3 lancette (ore, minuti e sveglia), il marchio “UMF RUHLA” nella parte superiore sotto al numero “12” e nella parte inferiore attorno al numero “6” è presente la scritta “Made in Germany”. A sorreggere tutta la sveglia in posizione eretta sono presenti due piedini frontali e una placca triangolare sul retro. Superiormente sono fissate con un paio di pomelli, due campanelle congiunte da una maniglia; al centro fra le due è presente un piccolo martelletto il quale può essere bloccato con una levetta manuale. Sul retro una placca lavorata con un motivo a cerchi concentrici chiude la sveglia; su essa sono presenti cinque fori da cui escono delle chiavette per la ricarica dell’orologio, della sveglia, la regolazione dell’ora, della funzione sveglia e per la tolleranza dei secondi.
Aprendo la scocca ci si ritrova davanti ad un blocco di ingranaggi e molle che animano l’orologio con un ticchettio cadenzato “tic-tac” non monotono. La sveglia è stata recentemente restaurata. Dopo anni e strati di ossidazione, è stata smontata, pulita, lucidata e riportata a nuovo, gli ingranaggi interni puliti ed oliati: è tornata a funzione in modo ancor più impeccabile.
La storia, oggi. Vocalità e temporalità d'archivio.
Storia del marchio Ruhla
Gli orologi di marchio Ruhla sono dei dispositivi creati per una produzione di massa, conosciuti per la qualità dei materiali e l’affidabilità nell’eseguire il loro lavoro nel tempo.
Il nome “Ruhla” proviene da una cittadina del centro della Germania dove tale marchio di orologi è nato. L’azienda inizialmente fu chiamata Gebrüder Thiel GmbH. Questa iniziò dalla produzione di cardini per porte, per poi specializzarsi in sempre più piccoli oggetti di meccanica. La compagnia iniziò a produrre orologi attorno al 1862, con i primi prototipi, cercando di coniugare qualità ad un prezzo accessibile. Nel 1892 fu realizzato il primo orologio da taschino, il quale oltre ad essere il primo vero prodotto destinato alla vendita, fu anche un orologio di grande qualità e di design. Fra il 1892 e il 1914 iniziò la prima vera produzione di massa. Il primo orologio venne pensato per un pubblico esteso e non di nicchia, quindi accessibile a tutti: un modello da taschino rinominato “Fearless” (fig. 1), molto accurato e affidabile il quale fu venduto maggiormente in America dove riscontrò un grande successo. Nel 1897 lavoravano nella loro azienda più di 1000 impiegati che producevano 4000 di quei orologi ogni giorno. Fu sin da subito un grande successo. Inizialmente erano tutti orologi a ricarica meccanica a molla, i quali dovevano essere ricaricati almeno due volte al giorno, poi perfezionati: con una singola ricarica la durata poteva arrivare a 30 ore. Nel corso del tempo il marchio dell’azienda è mutato per molte ragioni dovute al contesto storico; i primi quattro marchi riportavano le iniziali o riferimenti del primo nome della compagnia (Gebrüder Thiel), mentre dagli anni Cinquanta del Novecento il marchio cambia, includendo il nuovo nome dell’azienda “Ruhla” (fig. 2). La qualità dei prodotti della Ruhla-Thiel Company crebbe, ma lo scoppio della Prima Guerra Mondiale ebbe degli effetti fortemente negativi sulla compagnia in quanto la maggior parte del fatturato proveniva dal commercio estero. Durante il conflitto mondiale, invece di riportare la scritta “Made in Germany” veniva apposta la scritta “Foreign” e senza nemmeno il logo, potendo così continuare con le vendite ed evitare il fallimento. Nel 1930 la produzione e la vendita dei prodotti Gebruder Thiel Ruhla tornarono alla normalità mantenendo standard di vendita molto più bassi.
Un passo indietro. Nel 1908 fu rilasciato il loro primo orologio da polso e nel 1920 la novità di questo nuovo modello indossabile produceva un fatturato di solo 10% del totale, ma nel 1938 tale lato produttivo ne produceva fino al 45% (fig. 3). Tra il 1946 e il 1952 la compagnia andò sotto il controllo della Avtovelo, una società di manifatturieri dello stato dell’Unione sovietica. Nel maggio del 1952 l’azienda tornò finalmente nelle mani della Germania, e fu rinominata “Uhren und Maschinenfabrik Ruhla” UMF Ruhla. Da quando la produzione rientrò nel suo paese d’origine, decise di includere nel loro catalogo anche prodotti per la casa, e per il viaggio: sveglie, orologi da comodino di alta affidabilità (fig. 4 e 5), di precisione e di design, ma anche di orologi da viaggio definiti “Pocket Uhr” (fig. 6).
Negli anni Sessanta del Novecento fu sviluppato un nuovo logo che rimarrà tale fino ai giorni nostri; l’idea venne guardando la disposizione degli ingranaggi e la struttura metallica del retro degli orologi da taschino dando origine così al nuovo logo a struttura triangolare (fig. 7).
Nel 1963 l’azienda UMF Ruhla utilizzava il nuovo logo per il mercato tedesco, mentre per il mercato estero venivano usati altri marchi come Lafayette, Mara, Accuriste molti altri, per non perdere le vendite data la fama della Germania dopo il secondo conflitto mondiale. La Ruhla raggiunse il massimo successo nel 1978 quando Sigmund Jähn divenne il primo astronauta tedesco e portò con lui nella sua missione spaziale un orologio da polso della Ruhla così da diventare il primo orologio tedesco nello spazio (fig. 8) raggiunse il suo picco di produzione e vendite, diventando uno dei marchi più importanti nel mondo in rapporto qualità prezzo. Però dopo la caduta del muro di Berlino, iniziò per l’azienda un forte declino causato dalla forzatura della chiusura delle sue fabbriche. L’ultimo orologio UMF Ruhla fu realizzato nel 1991.
La rinascita
Nel 2006 due appassionati di orologi, Gunther Beck e Alexander Lange, decisero di riportare alla luce il marchio, ormai da molti dimenticato, modificandolo in TUW Ruhla (Thüringer Uhrer Werke).La loro volontà era quella di riportare al pubblico un prodotto di grande qualità ma anche abbordabile, proprio come in origine. La produzione così si riavviò nel 2016 e continua fino ad oggi (fig. 9).
Radioluminescenza
La radioluminescenza è il fenomeno per cui la luce è prodotta da un materiale radioattivo. Essa viene utilizzata come sorgente di luce per l'illuminazione notturna di strumenti o insegne o altre applicazioni in cui la luce deve essere prodotta per lunghi periodi senza fonti di energia esterne. La vernice radioluminescente è stata utilizzata per dipingere le lancette e i quadranti degli orologi, consentendo così di essere letti al buio.
Il trizio è praticamente l'unico radioisotopo consentito per l'utilizzo commerciale di sorgente luminosa radioluminescente. Viene utilizzato sui quadranti degli orologi da polso, sui mirini delle armi e nella segnaletica di sicurezza. Il gas trizio è contenuto in un piccolo tubo di vetro, rivestito all'interno con fosforo; le particelle beta emesse dal trizio colpiscono le molecole di fosforo e le inducono alla fluorescenza, che emette luce, generalmente di colore giallo-verde. Poiché il trizio è un gas, se il tubo che lo contiene dovesse rompersi, il gas si disperderebbe nell'aria e si diluirebbe a concentrazioni sicure per la salute dell’uomo.
La parola radioattività deriva dal nome del radio (fig. 10), scoperto da Marie Curie, anche se non è l'elemento con la maggior radioattività conosciuto. Di colore bianco, si ossida annerendo per esposizione all'aria. Il suo isotopo più stabile. Ha un'emivita di 1602 anni e decade in radon. Fu l’inventore e aviatore americano William J. Hammer che portò con sé in patria, da Parigi, alcuni cristalli di sale di radio fornitigli dai Curie. Affascinato dalla luce e dal calore emessi dall’elemento, tenne conferenze sulle sue proprietà, discutendo dei suoi presunti poteri curativi. Fu inoltre il primo a proporre il radio come trattamento per il cancro pubblicando i risultati dei suoi esperimenti in un volume del 1903: “Radium e altre sostanze radioattive”. A partire dagli anni Venti, con la scoperta della radioattività al radio, gli vennero attribuite potenzialità guaritive. Divenne parte di vestiti, cosmetici come creme di bellezza, trucchi, saponi, ma anche alimenti come il burro radioattivo. Divenne una vera e propria moda arrivando a costituire un rischio, come si va ad approfondire nei prossimi paragrafi, per chi li usasse inconsapevolmente; un pericolo che nessuno però ancora conosceva.
La Ruhla utilizzava il radio nei suoi orologi di ogni tipo fino agli anni Cinquanta/Sessanta del Novecento (fig. 11). Poi sostituito da sostanze fluorescenti innocue. Gli orologi che ora ancora presentano il radio non sono un pericolo per l’utilizzatore date le parti infinitesimali di tale sostanza.
Le ragazze fantasma, “lip-pointing”
Sull’onda dell’entusiasmo, tra gli anni Dieci e Venti del Novecento, l’industria americana e tedesca si appropriarono del nuovo affascinante elemento e cominciò a inserirlo in una quantità di prodotti: burro, acqua minerale, sigarette, bevande, dentifrici, cosmetici, lozioni per capelli, lana per neonati, giocattoli. Anche in Francia, il Dottor Alfred Curie creò una linea di cosmetici chiamata Tho-Radia (fig. 12, 13, 14 e 15), le cui ciprie contenevano torio e radio. In Italia invece il fenomeno fu molto ridotto, limitato al consumo di acque minerali naturalmente radioattive. Il paradosso è che la parola «radioattivo», che oggi provoca timore e repulsione, era considerata, all’epoca, sinonimo di corroborante, salutare e benefico. Il bagliore che emanavano la pelle, i denti o i capelli trattati con prodotti al radio esaltava le donne e ragazze, mentre gli uomini si sentivano più vigorosi dato che uno dei primi effetti sul corpo era quello di stimolare i globuli rossi. Sensazioni fugaci di salute, bellezza e vitalità, che poi sarebbero state pagate a carissimo prezzo da una moltitudine di persone. L’americano Hammer fu il primo a inventare una vernice luminescente, combinando i sali di radio con colla e solfuro di zinco. Ricetta che si fece subito strada anche in Europa.
Una delle applicazioni più immediate fu quella per i quadranti degli orologi e di altri strumenti, come ad esempio i contachilometri, che divenivano, così, ben visibili al buio. L’entrata in guerra degli Stati Uniti, nel 1917, rese richiestissimi gli orologi militari con i quadranti luminosi e questo produsse enormi introiti per la società. Furono così assunte molte giovani ragazze (fig. 16), le quali si sentivano utili e parte dell’avanzamento dell’economia del periodo bellico. Medesima storia si è presentata in Europa, in particolar modo in Germania, con una crescente domanda di orologi luminosi.
L’operazione di stesura della vernice luminescente sulle lancette degli orologi richiedeva piccole mani, precise (fig. 17). Era considerato poco faticoso come lavoro ma era visto come patriottico, tanto che era pagato tre volte tanto lo stipendio di un operaio normale. Vi era solo una strana richiesta da parte dei capi: ai sottili pennelli di cammello con cui si dipingevano gli orologi doveva essere fatta la punta con le labbra, in modo da ottenere un punto preciso senza sprecare il prodotto. Il radio era, infatti, un metallo costosissimo. Pur coscienti si trattasse di una sostanza tossica, secondo la mentalità dell’epoca, se assunta in minime quantità, risultava innocua o addirittura benefica. Difatti la cronaca riporta che alcune dipendenti chiese se la vernice non potesse essere nociva, ma i dirigenti dell’azienda tranquillizzarono tutte sostenendo che, in quelle minime quantità, il radio non avrebbe fatto loro nulla di male: dopotutto, erano tanti i prodotti in commercio a base di quell’elemento.
Così, per alcuni anni, le operaie continuarono a ingerire ogni giorno piccole quantità di vernice radioattiva e nei momenti di pausa si divertivano anche a laccare con essa le proprie unghie o i denti, per stupire i loro fidanzati al buio, brillando. Presto molte lavoratrici iniziarono ad avere problemi ai denti. Alla loro rimozione si staccavano parti di mandibola. Si scoprirono cancri alle ossa e malattie del sangue che portavano a una morte molto dolorosa (fig. 18).
La storia, oggi. Vocalità e temporalità d'archivio.
La valorizzazione crea un dialogo concettuale e visivo tra Zenith Autophon e UMF Ruhla. La tecnica per valorizzare questi due oggetti, cosi semplici e al tempo stesso molto interessanti, è quella di creare dei brevi video, capaci di evidenziare le loro funzioni e soprattutto la loro profondità temporale rispetto alla contemporaneità. Le “pillole” sono finalizzate a mettere in evidenza parti e funzioni degli oggetti e ad analizzare il rapporto tra uomo-macchina tra passato e presente.
1. Ora esatta Nel primo filmato sono unite le due dimensioni della vocalità e della temporalità. La pillola ritrae il momento in cui viene composto un numero telefonico mediante l’utilizzo della “Rotary dial”, un dispositivo che secondo i più giovani può essere “arcaico”, i quali molte volte nemmeno sanno come approcciarsi ad esso, ma che ha spianato la strada alla modernità. Una telefonata che viene fatta ad un numero così detto utile, il servizio “ora esatta", il 161 che ha le sue origni nella S.I.P. (Società Italiana per l’esercizio telefonico), il quale riferisce l’ora istantea (al minuto). Tale “pillola” mira a far emergere la funzione del dispositivo telefonico, focalizzando l’attenzione su di un uso semplice e quotidiano e legandolo all’orologio, fondendo le due dimensioni di vocalità e temporalità facendo sì che l’uno dipenda dall’altro. Grazie al telefono ci si può mettere in contatto con un canale dedicato “all’ora esatta” così da poter verificare se l’orologio svolge la sua funzione in modo corretto. Una possibilità in cui i due “mondi” si incontrino in una operazione funzionale, con valenza di verifica. Al giorno d’oggi per conoscere l’ora esatta basta approcciarsi al mondo del web, senza dover per forza telefonare ad un servizio telefonico. Un modo per rendere vivi quei due oggetti i quali, con il loro funzionamento, portano il passato nel presente. Difatti in questo video dopo aver ricevuto l’informazione sull’ora esatta, l’occhio si focalizza sull’orologio che continua a segnare il tempo in modo preciso ed impeccabile attraverso la storia.
2. Fisso/Mobile. La seconda pillola pone l’attenzione sulla differenza sostanziale che si crea fra vecchio e nuovo, antico e moderno. Attraverso l’uso dello “split screen”, nel video si pone in dialogo due interlocutori che rappresentano due momenti della storia della tecnologia telefonica. Da un lato la storia passata rappresentata dal telefono Zenith, e dall’altro lato il presente con un modello di smartphone. Viene avviata la telefonata dal Zenith, dove il numero deve essere composto mediante la ghiera rotante, in modo meccanico, manuale, e ricevuta dall’altro capo dallo smartphone, che si potrebbe definire quasi “ultra- tecnologico”, il quale per rispondere non ha la necessità di alzare la cornetta del telefono in maniera da interrompere il contatto creato dal poggia cornetta sotto il peso di essa, ma la risposta avviene tramite la semplice pressione o “strisciamento” del dito su di uno schermo di vetro. A partire da questo elemento si evidenzia la differenza con cui l’umano si approccia alla fisicità dell’oggetto: da un lato una cornetta che viene appoggiata all’orecchio impugnata dalla mano, dove la sua forma curva permette di comunicare e sentire al tempo stesso, mentre dall’altro lato un telefono sottile, piccolo, piatto, appoggiato all’orecchio il quale fa la medesima funzione del suo antenato, ma con una forma più compatta e leggera.
La volontà di questo video è volta, oltre al confronto fra il vecchio e il nuovo, anche a dare importanza di avere un mezzo di comunicazione a distanza durante il periodo difficile del coronavirus. Un periodo nel quale eravamo distanti, separati, dove l’unico modo per rimanere in contatto, per avere una relazione, per socializzare, era quello di utilizzare i mezzi di comunicazione. Durante il periodo del coronavirus il tempo era fortemente dilatato, percezione dettata dalla vita frenetica, colma di impegni; da un momento all’altro la nostra vita viene stravolta radicalmente in un’esistenza monotona nella quale si è rilegati in casa ed è necessario trovare un modo per occupare il proprio tempo. Grazie a questi mezzi di comunicazione la dilatazione temporale viene meno, infatti in questa breve pillola si vuole riprendere proprio una telefonata di piacere, di compagnia inquadrando anche nello sfondo l’orologio il quale segna il tempo che passa. Uno scorrere del tempo che all’inizio dell’evento è inesorabile, ma che durante la telefonata diventa più rapido, veloce, in modo da far comprendere che la percezione temporale è qualcosa di relativo, il tempo percepito dalla persona dagli uomini è fortemente legato alle proprie azioni, alle attività con le quali si occupa il tempo. Bergson distingue nella dimensione temporale il tempo della scienza, misurabile e spazializzato che non cambia, e il tempo della conoscenza, un tempo interiore e qualitativo il quale dipende dalla nostra percezione.. Il tempo è la quarta dimensione del nostro universo, una dimensione apparente, impalpabile, creata da noi stessi per necessità. Noi non siamo esseri quadridimensionali, ma tridimensionali e non percepiamo il tempo come una dimensione fisica, ma come una dimensione empirica ed essenziale per la nostra vita. Siamo fortemente condizionati dal tempo: non ci rendiamo conto che esso passa rapido e fluido nei momenti di svago, lavoro, piacere o divertimento. Però ci rendiamo conto che questa dimensione è fittizia, relativa, che cambia da persona a persona in base ai propri sensi, particolarmente quando veniamo messi davanti a molti giorni di monotonia; una serialità, in cui noi oltre che a poche semplici attività ripetute non potevamo altro che convivere con questa dilatazione temporale.
3. Back to the future. La terza utilizza il mezzo telefonico degli anni Cinquanta per telefonare alla nuova azienda TUW Ruhla, in modo da mettersi in contatto con la Germania, luogo di origine di entrambi gli oggetti analizzati e presentati all’interno di questa trattazione, in particolar modo con l’azienda storica produttrice degli orologi. Tale azienda, come riportato nella storiografia, ha avuto una storia molto particolare tra il successo, la chiusura e la rinascita dove tale marchio è rimasto nel tempo simbolo di precisione, affidabilità a un prezzo basso, accessibile. La telefonata ideale all’azienda è finalizzata a richiedere informazioni sulla loro storia e relative alla storia di quella specifica sveglia, di quel determinato modello così da ottenere informazioni direttamente dalla fonte, unendo i due oggetti d’archivio in questa mansione. Una semplice telefonata fatta con un dispositivo d’epoca per conoscere e approfondire la storia di un altro dispositivo d’epoca.
4. Rubriche e metadati Il quarto video mette a confronto la semplicità ma al tempo stesso la macchinosità del vecchio, dell’antico, con la multifunzionalità e l’immediatezza del nuovo. Infatti, l’attenzione è posta prima sul telefono Zenith, un dispositivo il quale può solo compiere o ricevere telefonate; l’utente davanti a tale mezzo di comunicazione può semplicemente comporre un numero e telefonare. Inoltre, per comporre il numero dovrà avere una memoria scritta, una rubrica, dove tiene tutti i numeri di telefono di amici, parenti, dunque tale tipo di tecnologia che oggi si potrebbe definire quasi primordiale, portava ad una certa macchinosità nell’utilizzo. L’utente era portato a cercare il numero di telefono nelle sue memorie scritte, comporre il numero, per poi poter telefonare sempre nel medesimo posto dato che non ci si poteva spostare. Oggi con gli smartphone, i quali hanno un ruolo fondamentale nella nostra vita, è presente tutto al loro interno, nella loro memoria. Non è necessario avere più accessori oltre al dispositivo di base, poiché tutto è conservato in esso, nel suo archivio. Inoltre, l’impossibilità di mobilità viene meno con i cellulari, i quali permettono di spostarsi liberamente durante una telefonata. Tale pillola mette in confronto questi dispositivi così simili ma così diversi ponendo l’attenzione sulla macchinosità del primo telefono dando per scontata l’immediatezza dello smartphone che noi tutti usiamo oggi.
5. Chi è? La quinta pillola invece pone sempre a confronto la modernità con l’antico per far emergere un altro aspetto che ora per noi sembra ovvio, cioè la possibilità di identificare, prima di rispondere, chi ci chiama. Col telefono fisso non è presente questa possibilità di preconoscenza; non c’è nulla che ci suggerisca chi ci stia chiamando: l’unico modo per saperlo è quello di rispondere. Con lo smartphone, questa possibilità esiste, ed essa ci permette di venire a conoscenza nell’immediato di chi ci sta chiamando cosicché si possa accettare o meno tale telefonata. Anche se essa come funzionalità sembra ovvia, scontata, un tempo non lo era. Dunque, l’idea di questo possibile video vuole porre l’attenzione su questa semplice ed ovvia funzione, la quale però ha cambiato il modo di approcciarsi alle telefonate.
6. Old Media/New Media. L’ultima pillola è più volta a far emergere la differenza fra il passato e il presente in relazione al possesso di un apparato telefonico. Un tempo la possibilità di avere un telefono fisso non era per molti: aveva un suo costo e non tutti potevano permetterselo. Oggi chiunque è dotato di un cellulare, di uno smartphone, dispositivi portatili di un certo valore, i quali hanno soppiantato il telefono fisso in molti casi e inoltre è diventato indispensabile e non più un lusso. Una volta possedere un telefono fisso era quasi considerato un modo per posizionarsi all’interno di una classe media nella società, oggi invece possedere un telefono cellulare pone il soggetto nella classe più comune della società: è divenuto un oggetto commerciale. In passato il telefono fisso era un accessorio di un certo valore il quale però non era strettamente necessario in quanto non si era ancora così tanto legati, quasi morbosamente come oggi, ad avere rapporti a distanza nell’immediato. Oggi il cellulare è diventato parte del nostro corpo, un’estensione del nostro braccio il quale ci permette di telefonare e anche di rimanere in contatto anche in altri modi col mondo che ci circonda, come a esempio di poter accedere a Internet e addirittura effettuare acquisti e pagamenti. Tale filmato difatti vorrebbe la sua attenzione sulla presa di coscienza dei dati della SIP, facendo emergere il numero esiguo di telefoni in Italia, rispetto al numero estremamente elevato di cellulari posseduti dai cittadini italiani negli anni Duemila: una media di due telefoni a persona.