Walt Dangerfield e le Cronache del dopobomba
La voce nella cuffia si fece di nuovo sentire. — Walt, quaggiù siamo sottoposti a un attacco.
— Che cosa? — fece lui. — Che cosa avete detto?
— Che Dio ci aiuti. — Era la voce di un uomo già morto, una voce senza espressione che si spense e sparì.
[…] Si sforzò di alzarsi, staccando le cinture di sicurezza, per guardare dall'oblò il mondo sottostante. Nuvole, l'oceano, il globo stesso... Qua e là si accendevano dei bagliori di fiammifero. Walt vide i brevi lampi, i fuochi. E nel suo viaggio silenzioso attraverso lo spazio, fu colto dalla paura. Guardando giù vedeva le chiazze di fuoco avvampare qui e là e sapeva cos'erano. "È la morte" pensò. La morte che accendeva i falò e bruciava la vita del mondo, un secondo dopo l'altro. Continuò a guardare.
Philip K. Dick, Cronache del dopobomba. (ed. or. “Dr. Bloodmoney: or, How We Got Along After The Bomb, 1965), Urania n. 49, Mondadori, Milano, 1965.
Il progetto in breve
Il progetto The Dangerfield Tapes è stato realizzato all'interno dell'insegnamento di Preservazione e valorizzazione del patrimonio cinematografico (a.a. 2019-20) del Corso di laurea in Discipline dell'Audiovisivo, dei Media e dello Spettacolo (DAMS) dell'Università degli Studi di Udine, Dipartimento di Studi umanistici e del patrimonio culturale.
A seguito del lockdown del marzo 2020, l'insegnamento è traslato online, rendendo impossibile la frequentazione in presenza e in particolare della sua parte laboratoriale. Il progetto istituisce così una cornice finzionale (la pandemia covid-19 come manifestazione di una condizione di esistenza da ‘dopobomba’), finalizzata a disporre un progetto di scavo, archiviazione e ripensamento di media e di supporti ottici, grafici, fonografici, fotografici, cinematografici, magnetici, elettronici. Il “continuare a guardare” invita a trasformare le costrizioni in potenzialità ed eleva la “nastroteca” del dickiano Walt Dangerfield a emblema di un archivio fondato sulle rovine mediali di un paesaggio delineato dalla quarantena, dal distanziamento sociale e dai protocolli igienico-sanitari.
I Tapes compongono un complesso documentale legato dal vincolo epidemiologico, un archivio di “deposito” in cui fare convergere dispositivi, supporti e immagini classificati sotto tre etichette e aree di lavoro: materie; evidenze e finzioni; registrazioni.
Durante e dopo la quarantena, l’ambiente domestico si rivela agli occhi dei partecipanti al progetto un luogo stratificato, popolato di media e di supporti obsoleti o in via di obsolescenza (materie). Le infrastrutture della comunicazione - le interfacce, gli schermi, le loro periferiche - sono luoghi e strumenti di mediazione e connessione con archivi “orbitanti”, da cui selezionare evidenze documentarie e/o finzioni accostabili al prisma pandemico. Infine la “nastroteca” si completa con registrazioni, realizzate durante l'hic et nunc pandemico e anch’esse originate da un impulso archivistico.
Gli artefatti selezionati da ogni studente sono inseriti in un protocollo di archiviazione, indagati e infine ridisposti in vista di una loro valorizzazione creativa: dallo scavo (scavi) alla descrizione e documentazione catalografica (reperto/repertorio); dallo studio storico-analitico (storiografie) all’edizione (cronache). Il piccolo archivio del “dopobomba” si popola così di documenti, repertori, racconti, collage visivi, montaggi, saggi e video-saggi riconducibili alla pandemia Covid-19.